giovedì 27 agosto 2009

tipologie dei testi

Concetti linguistici:
1. Il segno:
lingua: codice formato da segni
significato: concetto
significante: suono, rappresentazione linguistica
circuito della parola: Mittentesignificatosignificantecodicesignificantesignificatodestinatario
L’idea di un suono è legata a un concetto.
2. Langue et parole:
La langue è il patrimonio mnemonico virtuale, la competenza linguistica, la lingua come sistema.
La parole è l’atto comunicativo linguistico, è il testo, è attuale, è psicologica ed è arbitraria
Attuando la comunicazione c’è un passaggio dalla langue alla parole, ovvero dalla virtualità all’attualità, dal paradigma al
sintagma.
Il paradigma è la lista di potenzialità, di concetti che ho a disposizione. Il testo fa sempre riferimento al paradigma.
Dicendo qualcosa dico anche il resto, cioè dicendo qualcosa lo distinguo da quello che non ho detto e quindi faccio
riferimento anche a al non detto. In breve dicendo s’istituisce la distinzione detto/non detto, creo due entità non una sola.
La negazione attualizza il paradigma e non il sintagma. Il sintagma è il singolo atto di parola, appartiene alla parole.
3. Semema e sema:
Il semema è l’aggregato di significati che hanno un significante comune. Ognuno di questi significati si chiama invece
sema.
4. Strutture intermedie:
La fonetica
La semantica
La morfologia
La sintassi
5. Lo schema comunicativo:
Mittente: colui che parla
Destinatario: colui che ascolta
Messaggio: ciò che è detto
Codice: il sistema di segni
Canale: il mezzo fisico atto al passaggio del messaggio
Referente: oggetto fisico a cui il messaggio si riferisce
Le funzioni:
mittente: emotiva
destinatario: conativa, suasoria
canale: fatica
codice: metalinguistica
referente: referenziale
messaggio: poetica
In un testo le funzioni sono di solito tutte presenti, magari con una certa gerarchia. Per esempio: “Veni vidi vici”. La
funzione dominante si chiama, appunto, dominante.
Flessibilità del testo:
La linea sintagmatica è composta da due linee: quella del significante e quella del significato. Un testo è una traduzione
del senso che bisogna ritradurre per leggerlo o ascoltarlo, cioè c’è una doppia traduzione in un atto comunicativo.
1. Riduzione:
Rielaborare un testo implica dei passaggi: testo1sensotesto2
Nodi concettuali: identificazione
Filtro della cultura: registri, sottocodici culturali: uno stesso contenuto può essere filtrato in diversi modi. Per esempio
una storia d’amore può essere un testo erotico o romantico o psicologico. In una riduzione bisogna mantenere il registro
originale.
Passaggio dal senso al testo attraverso tre livelli:
1) concetto
2) ampiezza: la lunghezza di un testo è flessibile.
3) mediazione linguistica (sottocodici)
Riduzione proporzionale: tratto i diversi nodi concettuali nello stesso modo
Riduzione finalizzata: elimino alcuni nodi concettuali o intervengo sul registro
Ridduzione fisarmonica: stabilisco una gerarchia entro i nodi concettuali
2. Amplificazione:
Aggiunta di parole, non di senso.
Amplificazione retorica: ripetizione di sinonimi (lubrichi e vergognosi)
Amplificazione didattica: aggiungo spiegazioni
Amplificazione proporzionale: tratto i nodi concettuali allo stesso modo
Amplificazione selettiva: amplifico alcuni nodi concettuali più di altri
3. Denotazione, connatazione, registri:
Il paradigma contiene i diversi registri potenzialmente utilizzabili. I testi comici cambiano passano da un registro a un
altro.
Termini denotativi: puramente descrittivi
Termini connotativi: hanno un’aura psicologica o sociale.
Il paradigma sinonimico dipende dalla scelta del livello sociale.
4. Tipologia delle traduzioni:
1) Traduzione intralinguistica: passaggio da un testo a un’altro testo della stessa lingua (variare il sottocodice, sinonimi,
riduzione/amplificazione)
2) Traduzione interlinguistica: passaggio da una lingua a un’altra
3) Traduzione semiotica: passaggio tra testi non linguistici
4) Traduzione strutturata: cambio la dominante.
Tipi di sottocodice:
1) microlingue: sottocodici scientifici
2) sottocodici culturali: slang, gergo
3) sottocodici di pura sinonimia lessicale: non cambiano il registro
Testo descrittivo: sintetizza mentalmente una situazione argomentativa
Testo narrativo: presuppone le coordinate tempo/spazio
Fondamenti di metrica:
Componenti tecniche del significante: ritmo, rima, strofa, ricorsi vari.
Vocali:
vocali piene: a, e, o
semivocali: i, u
Dieresi: due vocali consecutive che valgono due sillabe. (Es. “d’o/ri/en/tal/ zaf/fi/ro”)
Sineresi: due vocali consecutive che valgono una sillaba (mai all’uscita del verso)
Dialefe: due vocali consecutive ma separate da una pausa che valgono due sillabe (Es. “ciao Andrea”)
Sinalefe: due vocali consecutive ma separate da una pausa che valgono una sillaba (non c’è in caso d’accento, ma non è
condizionata dalla punteggiatura)
Cesura:
a minore: accento sulla 4° e 10° sillaba dell’endecasillabo
a moiore: accento sulla 6° e 10° sillaba dell’endecasillabo
Emisticchio: le due parti di verso divise dalla cesura
Anafora: figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio dei versi
Anadiplosi: stessa faccenda ma la ripetizione è alla fine dei versi.
Enjambement: il verso non corrisponde alla frase.
Verso sdrucciolo: con una sillaba in più
Verso piano: con le sillabe dovute
Verso tronco: con una sillaba in meno
La memoria fonetica dura pochi secondi, quindi più le rime sono distanti più sono incisive
Rima perfetta: identità di due unità fonetiche dall’ultima sillaba accentuata alla fine (Es. pianto, tanto)
Rima francese: identità di due unità fonetiche prima della sillaba accentuata
Rima interna: una parola finale di un verso rima una parola all’interno del verso successivo
Rimalmezzo: rima interno posta alla fine del primo emisticchio
Rima ad eco: alla fine del verso e all’inizio di quello successivo
La rima può essere povera o ricca, a dipendenza del numero dei foni ripetuti:
1 fono: bontà, città
3 foni: vita, smarrita
6 foni: muscolo, crepuscolo
Ciò che determina il valore della rima è anche: a) distanza, b) precisione, c) opposizione semantica
Rime imperfette:
Assonanza: identità delle vocali di due gruppi fonetici dall’ultima vocale accentuata alla fine (gatto, carro)
Consonanza: identità delle consonanti di due gruppi fonetici dall’ultima vocale accentuata alla fine (ballo, belli)
Omoteleuto: identità di due gruppi fonetic al di là dell’ultima vocale accentuata (pasto, costo)
Anadiplosi: ripetizione di un gruppo fonetico all’inizio di una parola (tentennare, barbaro)
Onomatopea: parola il cui significante riproduce il significato o è ad esso connesso. Le parole onomatopeiche sono
spesso anadiplotiched, di qui l’ipotesi secondo cui l’onomatopea risulta essere una struttura fonica più che un
contenuto fonico.
Allitterazione: due parole consecutive o pìu che iniziano con lo stesso fono
Ricorsi interni ai gruppi fonetici:
Omotonia: ricorso di una vocale accentuata all’interno di una parola (bella festa)
Paronomasia:
Palindromo: identità di due gruppi foneticamente capovolti (roma amor)
anagramma
rima scivolata
acronimo (AIDS)
Schema dei fenomeni metrici, ovvero dei fenomeni di ricorso:
ricorso
ricorso intensivo ricorso estensivo
(ritmo) (rima)
- sillabe (numero) - perfetta
- accenti (numero e posizione) - imperfetta
Altri fenomeni di ricorso sono culturali come: la strofa, la struttura della rima e la lunghezza dei versi
Strofa:
Il sonetto: nasce nel 1200 nella scuola sicula. Composto di 14 endecasillabi (4+4+3+3) Rime: (abab abab cde cde) o
(abba abba cde edc)
Ottava ariostesca: A’’BABABCC
Complet heroïque: versi in dodecasillabo. Rime baciate.
Il proverbio:
Si può strutturare in schemi diversi, basati su coesione fonetica, ricorso semantico, metafora o nucleo sapienziale.
Nucleo sapienziale: puramente comunicativo, è un consiglio (Es. la notte porta consiglio)
Coesione fonetica: Es. Mangi la minestra o salti dalla finestra
Ricorso semantico: Es. La parola è d’argento il silenzio è d’oro
Metafora: Es. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi
Polisemia:
Interrelazione oppositiva: i significanti svolgono la loro funzione in quanto diversi uno dall’altro, quantunque esistono
delle aree di sovrapposizione ed è lì che si insinua la polisemia.
La polisemia si distribuisce su tre livelli:
1) polisemia fonetica: stà a livello di parole ed è attribuibile a un testo, non a una parola
2) polisemia semantica: riferita a una parola che ha più significati
3) polisemia strutturale: riferita all’equivocabilità della funzione dominante
Esempio di 1: “I conti non tornano” 1: se ne sono andati; 2: ho sbagliato i calcoli
Esempio di 2: “Il soprano è acuto”attivo uno solo dei significati ma non risulta chiaro quale, è inelligente o è il tono ?
La semantica differenziale:
La terza linea della comunicazione, oltre a quella sensoriale (significante) e semantica (significato), è di carattere sociale
emotivo:
esempio: “Colore rosa” nella cultura italiana è connesso (arbitrariamente) alla femminilità
Spesso più la parola è desemantizzata più è caricata di tale componente
La reazione emotiva è del destinatario
La retorica:
Può essere concepita in due modi fondamentali:
La retorica come ornamento del linguaggio. Cioè di un linguaggio dentro il linguaggio.
La retorica come cosa connaturale. È la struttura stessa della comunicazione, imprescindibile dal linguaggio.
La retorica è bipartita in due linee di pensiero:
1) Retorica logica: inventio (ciò che voglio dire=senso); dispositio (come organizzare il discorso); elocutio (le parole che
uso)
2) Retorica poetica: linguaggio come creatività, basata sull’irrazionalità.
Cicerone da alcune definizioni di retorica: 1) è l’arte di persuadere; 2) è la teoria di come usare il linguaggio; 3) è
l’organizzazione del discorso
Tropi (figure paradigmatiche):
Iterazio: comparazione (Giallo come un canarino)
Allegoria: investo il discorso di simbologia, parlo su due livelli (Nel mezzo di cammin di nostra vita...)
Catacresi: riempimento di un buco della lingua (Le gambe del tavolo), manca la parola
Antonomasia: usare un nome proprio celebre per indicare una qualità di tale personaggio (È un ercole = è forte)
Eufemismo: espressioni delicate usate per temi fastidiosi (si è spento = è morto)
con il tempo i termini riprendono la loro aggressività (cesso gabinetto bagno)
Alitote: attenuazione negando ciò che non é (è un po’ sporco, non è aquila)
Iperbole: esageerazione (l’ho detto mille volte!)
Ironia: dire il contrario di ciò che si pensa (mmm...buono)
La metafora:
Il trasferimento di una parola da una cosa a un’altra perché sembra potersi trasferire senza errore a causa dell’affinità.
Esempio:
Semema di Giovanni: biondo, alto, educato,...., coraggioso
Semema di leone: quadrupede, aggressivo,...., coraggioso
Giovanni è un leone. Il semema comune (coraggioso) si chiama tertium comparationis.
Le metafore possono essere lessicalizzate, ovvero conosciute, oppure testuali, cioè inventate.
Ci sono due forme fondamentali di metafora: la sineddoche (parte per il tutto) e la metonimia (il tutto per la parte)
La retorica sintagmatica fa riferimento alla parole e non più alla langue. È figuratica e non tropica. Tutta la metrica entra
nella figuratica.
Le figure:
La ripetizione: meidante due sinonimi (è fiero e orgoglioso)
Il paragone: similitudine ( sei forte come un leone)
L’enumeratio: serie di termini inquadrabili in una categoria (C’erano mele, arance, pesche e ciliegie)
Epanatessi: ripetizione dello stesso termine (Bisogna studiare, studiare, studiare), tono infantile
Figura etimologica: usare una parola e la sua radice (vivere la propria vita)
La definitio: usare una parola insieme alla sua definizione
Figure dell’opposto:
L’ossimoro: unione di due contrari (dolcezza amara)
L’antitesi: dire una cosa e poi negare il contrario (penso questo e non quello)
L’apostrofe: forme che chiamano in causa il destinatario (intendiamoci, signore e signori, ma senti un po’)
Interrogativa retorica: chiama in causa il destinatario, la rispoosta è già nella domanda (“ma ci credi?”)
Concessione: chiama in causa il destinatario esponendo un concetto su cui non si è d’accordo.
Forme grammaticali:
Polisinteto: ridondanza di connettivi sintattici (e questo, e quello, e...)
Asinteto: assenza di tali connettivi (Oggi arrivo. Domani parto)
Chiasma: inversione sintattica (ha occhi neri e biondi capelli)
Climax: serie di parole che seguono nel significato una scala ascendente o discendente (un anno, un mese, un giorno)
Ellissi: omissione
Prolessi: anticipazione sintattica di un entità (questo volevo dirti)
Epifonema: posticipazione sintattica di un entità (tutto ciò)
Sintesi della retorica:
Paradigmatica: sostituzione grazie al tertium comparationis
Sintagmatica: processo di allargamento del discorso
Scrivendo un testo si svolgono due processi:
1) processo paradigmatico:
scelta che il codice mi offre
dipende dalla conoscenza della lingua
scelta di sintassi, stile: registro (sociale); sinonimi, coesione fonetica, tropi (retorica)
2) processo sintagmatico:
inventio: unità psichica, ciò che abbiamo in mente
dispositio: organizzazione del testo
elocutio: codice, produco la linea sintagmatica
Intonazione:
Porta con sé molta informazione. Passando dall’oralità alla scrittura l’intonazione va persa per la maggior parte. Ci sono
pochi strumenti per tradurre l’intonazione (allungare l’ultimo fono: mangiaaaavo; la punteggiatura).
Per questo esistono verbi che descrivono l’intonazione: mormorare, balbettare, sussurrare, gridare, urlare. Esistono verbi
che posizionano il dire in un certo contesto: rispondere, aggiungere, ribadire, interrompere.
Traduzione semiotica:
Traduzione di un codice iconico in un testo linguistico.
Le icone sono classificabili per: 1) contenuto; 2) tecnica; 3) fase storica
Processo di traduzione:
codice linguistico codice iconico
senso
referenziale
emotivo
suasorio
semantica disegno
morfologia colore
sintassi composizione
uditivo e lineare vis ivo e unitario
testo immagine
Un immagine pubblicitaria è suasoria
Dall’icona si può tradurre il senso e la mediazione linguistica (descrizione dell’immagine).
Punti salienti della descrizione di un immagine:
1) Datazione
2) Composizione (elementi del quadro)
3) Origini (committente,ecc)
4) Storia dell’opera (dov’è stata esposta,ecc)
5) Le copie
6) Collocazione spaziale (dove si trova, dove è stata dipinta)
7) La luce
8) Il realismo dell’opera (quanto ci mostra la realtà)
9) Paragone (del valore, del senso)
10) Psicologia (contenuto psicologico, interpretazione unitaria)
11) La tecnica (generalmente e specificatamente)
12) Tema
13) Storicizzazione (dove si colloca nel filone culturale)
14) Elementi artificiosi (collage, elementi estranei, sovradimensione)
15) Localizzazione delle misure (9m x 4m)
16) Aggiunti (variazioni dall’originale)
17) Carattere statuario
18) Stato presente di conservazione
19) Natura morta
20) Caratteri generali del contesto
21) Colori del quadro
L’ordine di traduzione:
1) Pregresso: ciò che viene prima dell’opera e dati esterni (1,3,13,11,18,15,6)
2) Nucleo centrale (12,10,2,19,17,7,21,8,14)
3) Paragone (9)
4) Ciò che accade dopo (16,5,20,,4)

lunedì 6 luglio 2009

ATTRAVERSO LO SPECCHIO # 3


Con un po' di ritardo, ecco un altro dei personaggi che vagano per la bottega di Cristiano... Chi è questa volta? (rispondete numerosi come l'ultima volta, mi raccomando XD)

venerdì 22 maggio 2009

"ATTRAVERSO LO SPECCHIO" # 2


Chi è il personaggio di oggi...??? :D

Un bacio
Lucre

martedì 5 maggio 2009

Carl Wilhelm Macke

Caro Sarto Scrittore,
un articolo mio sulla cità che racconta. Saluti a tutti gli autori estensi nel tuo studio, Carlo da Monaco

Una città che racconta
Scritto da Carl Wilhelm Macke
Ferrara vista con gli occhi di un giornalista tedesco che l'ha scelta come seconda patria.
Gli italiani, così almeno mi pare, amano le statistiche.
I loro giornali sono sempre pieni di tabelle, liste di best seller e sondaggi di opinione.
Molto popolari sembrano essere anche le classifiche delle città italiane con la migliore qualità della vita, pubblicate con regolarità dalle riviste. I più importanti criteri di valutazione sono costituiti dalla retribuzione media dei cittadini, dalla qualità dei servizi comunali, dall'offerta di attività culturali, dal funzionamento dei trasporti pubblici e dal numero e dalla superficie degli spazi verdi.

Si tratta, indubbiamente, di indici importanti, ma ci sono anche altri criteri - non materiali - per definire il valore delle città: per esempio, criteri letterari. Quanto contano ancora palazzi, chiese, case, piazze, strade, angoli, monumenti e, non dimentichiamoli, i luoghi che una città dedica ai suoi morti? Le città sommerse dal consumo sono città morte; non ci raccontano niente; i loro abitanti sono intercambiabili, come i negozi.

Per me, Ferrara è, invece, una città viva, che si offre alla lettura: le sue strade e i suoi vicoli sono come «il filo conduttore di un racconto», come scrisse della Berlino degli anni Venti lo scrittore Franz Hessel. In Italia, e in Europa, è sempre più difficile visitare una città in cui è possibile riscoprire quella «capacità di narrare» così intrinseca a Ferrara, la città degli estensi.
«Il modo in cui Bassani ha raccontato Ferrara ha attirato l'attenzione dei turisti sulla città», scrisse Alfred Andersch, uno dei più famosi scrittori tedeschi del dopoguerra, nel saggio Sulle tracce dei Finzi-Contini. Molti visitatori stranieri associano quindi Ferrara al Romanzo di Ferrara di Bassani, cercano il giardino dei Finzi-Contini e, non trovandolo, sono delusi. Ma il visitatore straniero che ha modo di fermarsi più a lungo scopre, al di là delle vie narrate da Giorgio Bassani, anche nuove tracce che portano ad altri racconti, romanzi, saggi e, perché no, anche a poesie non ancora scritte.

Ovunque è possibile scoprire dettagli e ornamenti, epigrafi e tavole votive che testimoniano una lunga storia e le storie più misteriose di Ferrara. Chi sa ascoltare il cuore di questa città, magari educato all'ascolto dal meraviglioso saggio di Alberto Savinio su Milano, riuscirà a cogliere il fascino e scoprire la magia di Ferrara e dei suoi dintorni, al di là delle mete turistiche più famose.

Ferrara, infatti, è una scuola dei sensi, per chi vuole ascoltare e vedere. Consentite, pertanto, a un visitatore come me, di parlare di alcune delle sue prime scoperte. Per esempio, del cimitero ebraico in fondo a via delle Vigne, così diverso dai cimiteri tedeschi tenuti con cura maniacale e progettati come se fossero autostrade. Nell'ombra delle mura cittadine, coperte da una fascia di alberi, i morti possono riposare in pace. Nessuno spazza le foglie, nessuna lapide viene pulita, il decadimento dilaga dappertutto.

Quante storie raccontano le iscrizioni ancora leggibili sulle lapidi commemorative degli ebrei di Ferrara, ormai slavate dal tempi. Ricordano persone dotate di «un grande cuore» e poi, dietro le cifre già corrose degli anni fra il 1940 e il 1945, «campi di sterminio nazisti» e «Deportato ad Auschwitz». E le storie narrate da coloro che riposano nel cimitero ebraico di Ferrara sono particolarmente mortificanti per un tedesco. Ci si imbatte poi in epigrafi più vecchie, se non antiche, come quella di Jacob Massarani, morto il 22 marzo 1877, in vita «scrupoloso osservatore»: un'espressione che sembra facile tradurre in un tedesco parlato, anche se con il tempo il significato della parola "scrupoloso" si è sbiadito. Viene spontaneo domandarsi quando e perché l'aggettivo sia stato rimosso, come un fardello ingombrante, dal vocabolario della vita moderna. In tempi di giudizi veloci e univoci chi - eccezion fatta per gli artisti - può permettersi il lusso di essere uno «scrupoloso osservatore» dei propri tempi? A volte sono proprio le lapidi dei vecchi cimiteri a ricordarci perdite irrimediabili.

Nelle città che si affacciano sul Po, viene ancora attribuito un significato particolare alla lentezza, che trova forse la sua migliore espressione nella "cultura della bicicletta". A Ferrara si contano tante biciclette come in nessuna altra città italiana: non sono mai biciclette di lusso o mountain-bike raffinate; due ruote e un telaio non troppo arrugginito sono sufficienti per la maggior parte dei ciclisti; anche l'impianto di illuminazione non sempre funziona a dovere.

Su questi veicoli - che in Germania verrebbero considerati un'infrazione a tutte le regole della circolazione - si spostano con grande disinvoltura distinti impiegati di banca ed eleganti commesse di boutique alla moda che vanno al lavoro.

Gli anziani sono maestri nell'"arte del passeggio IN bici": si muovono sfidando il limite dell'immobilità per potersi intrattenere in tutta tranquillità con il ciclista a fianco. Nell'era dell'alta velocità, il concetto del tempo, per i ciclisti della Bassa padana, è legato a una cultura ormai tramontata: muoversi, mantenendo ancora una parvenza di immobilità, senza sacrificare la comunicazione allo sviluppo. Che, in passato, la bicicletta sia stata qualcosa di diverso da un attrezzo ecologicamente corretto per mantenersi in forma, lo si può apprendere osservando il gusto e la flemma con cui montano in bici gli abitanti dei villaggi lungo le sponde del Po. Ma, appena giunti sulle principali arterie di collegamento, questa flemma ammirevole si trasforma in una ridicola nostalgia, in un anacronismo, nella dittatura del tempo del Ventesimo secolo.

Ma torniamo alla città. Il vicolo del Leocorno, nascosto ai margini delle città vecchia, dove poco tempo fa ho acquistato un appartamento, porta il nome di una drogheria che vi si trovava verso la metà del XVI secolo, il cui simbolo era il favoloso unicorno. Partendo da questo dettaglio, si potrebbe raccontare tutta la cronistoria delle attività commerciali e dei piccoli negozi di Ferrara che oggi rischiano la chiusura per colpa dei grandi supermercati insediatisi fuori le mura.

La donna che un giorno vidi, fino a notte fonda, decorare le vetrine della sua bottega di via Carlo Mayr per attirare nuovi clienti potrebbe forse raccontarci qualcosa di questa lotta per la sopravvivenza.
Accanto a una copia de La donna in rosa di Giovanni Boldini, nella sua vetrina disponeva amorevolmente cosmetici: raramente ho visto clienti in quel negozio. Forse perché ci siamo tutti scordati che per ogni bottega, per ogni trattoria, per ogni bar che chiude, la città viene privata di una piccola parte della sua identità e peculiarità.

«La nuova abbondanza,» scrive Italo Calvino ne Le città invisibili, «faceva traboccare le città di materiali, edifici, oggetti nuovi; affluiva nuova gente di fuori; niente e nessuno aveva più qualcosa in comune con la Clarice o le Clarici di prima; e più la nuova città si insediava trionfalmente nel luogo e nel nome della prima Clarice, più s'accorgeva di allontanarsi da quella, di distruggerla non meno rapidamente dei topi e della muffa.» Che scrivendo queste frasi stesse pensando anche a Ferrara?
In Germania, la città estense è giustamente famosa anche per la sua politica culturale.
Le iniziative culturali ad alto livello, come i concerti e i balletti al Teatro Comunale, sono in grado di competere con quelle organizzate nelle capitali europee. L'esemplare lavoro di restauro del suo centro storico ha avuto il più ampio riconoscimento internazionale. Le mostre di Palazzo Schifanoia, di Palazzo dei Diamanti e di Casa Romei, sono un richiamo irresistibile per tutti gli appassionati d'arte.
Il Castello e la Cattedrale sono tra le mete irrinunciabili dell'Emilia. Poeti e scrittori come Carducci, Bassani e Piovene hanno eretto al corso Ercole I un monumento letterario indimenticabile.

Tutte le guide turistiche elogiano, a ragione, il patrimonio artistico di Ferrara, ma la città conserva ancora un patrimonio di storia e di cultura di cui le guide turistiche non fanno menzione, un patrimonio che ci consente di ripercorrere le ragioni per una lettura di Ferrara che altre città, con una qualità della vita forse migliore, hanno perso per sempre.
«Il problema culturale delle città moderne,» scrive il sociologo urbano americano Richard Sennett, «è quello di riuscire a far parlare un ambiente anonimo, di fare uscire le città dalla loro degradazione e dalla loro neutralità.» Questo problema, per Ferrara, non si pone. Forse deve solo imparare a riscoprire e valorizzare un elemento importante della sua qualità di vita: la sua capacità di narrare.

(traduzione di Giovanna Runngaldier)

giovedì 30 aprile 2009

RUBRICA "ATTRAVERSO LO SPECCHIO" (cit. Carroll)

Le due cosiddette "bimbeminkia" Matilde e Lucrezia hanno avuto una brillante idea per rendere più frizzante questo, emh, SEGUITISSIMO, emh, blog. Visto che ormai ci frequentiamo da diverso tempo, credo siano state messe in risalto caratteristiche inconfondibili di noi, nel bene o nel male. Siamo qui oggi (e domani, e dopodomani, ed il domani del dopodomani) per prendervi in giro TUTTI, AHAHAHAH *risata satanica*. Perciò preparatevi psicologicamente a non offendervi, perché non saremo così cattive, anzi, prenderemo in giro pure noi stesse.
Infatti proprio oggi vi presenterò (non presenteremo, ovviamente farlo fare anche a Matilde non veniva bene...) il primo dei personaggi degli incontri di Scrittura Creativa! Siori e siore...



Matilde è la più piccola del gruppo (ma non diteglielo, che poi si offende!). Nonostante la giovane età, è probabilmente più brava di tutte le cariatidi del gruppo messe insieme… E lei lo sa, per questo se la ghigna sotto i baffi che non ha mentre gli altri leggono le loro orribili creazioni. Non dimentichiamo anche che ha l’animo gotico, un po’ vampiresco… Nei suoi brevi ma intensi racconti, scritti su un quadernino FUCSIA, parla d’amore, di uomini belli ed impossibili… ma sa parlare anche di cose toste. Ma in quanti lo sanno davvero? In pochi, perché si tiene per sé ciò che veramente vorrebbe dire, come se gli altri fossero troppo poco intelligenti da ascoltare. Schietta, sincera ed acida in tenera età, insomma, tutte le caratteristiche di una scrittrice moderna perfetta!
… Però arriva sempre tardi agli incontri, e perciò non è più invitata. TZSE’.


Al prossimo personaggio con la rubrica ATTRAVERSO LO SPECCHIO!!

mercoledì 15 aprile 2009

INCONTRO SCRITTURA del 14 Aprile 2009

Quattro poveracci quali Cristiano, Luca, Lucrezia e Matilde nella giornata di ieri hanno affrontato un argomento chiave di ogni arte, dalla scrittura alla pittura, dalla scultura alla fotografia, etc. Sto parlando dell'AMORE. Attraverso un racconto di getto, una delle nostre solite prove di scrittura, abbiamo dato un'idea d'amore l'uno differente dall'altro.
Abbiamo unito al tema dell'amore anche un esercizio sul dialogo. L'esercizio consisteva, appunto, di scrivere un dialogo il cui tema fosse l'amore ; il dialogo poteva essere inserito nel contesto di una descrizione, oppure proprio uno scambio tra due (o più persone), insomma, come uno sentiva dal cuore di farlo.
Risultati più o meno disastrosi, ma comunque un buon esercizio, perché bisogna sempre tenersi allenati.
Se volete, potete provarci anche voi a casa.
In ogni modo, spero ci sia più gente la prossima volta per tentare nuovamente questo esperimento. Od altro ancora, se preferite.
Vi lascio con la mia prova di ieri + la correzione della prova di ieri (più ponderata, limata e sensata).

PRIMA :
E la incrocio. È tutto così inaspettato ed io sono orribile : sono sudato, i miei capelli senza gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, in tutta la sua semplicità. Che faccio, le parlo? La sto osservando da troppo tempo, la vedo innervosita… Forse neanche si ricorda di me. faccio per avvicinarmi, anche lei fa un piccolo scatto ma probabilmente vuole picchiarmi col pesante borsone pieno di libri che ha. No, lasciamo perdere, lei non mi ha riconosciuto. Già, forse non è chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio. Giro in una via secondaria di cui non ricordo il nome. Mi fermo e m’appoggio contro il muro di una casa, tengo gli occhi chiusi per riprendermi dall’emozione. Ho fatto una cazzata, ora me ne rendo conto e come ultimo gesto disperato le corro incontro. Giro l’angolo e lei non è più a trafficare con la serratura della bicicletta. Continuo a correre, ed eccola là : la fortuna ha voluto che la catena della bici cadesse ed ora sta brontolando per via Mazzini. Per un attimo la guardo da lontano ed il mio desiderio cresce ; non posso resistere. Ormai sono dietro di lei, istintivamente le appoggio una mano sulla spalla. Lei si gira, degli occhiali da sole enormi le coprono gli occhi verdi.
« Hai bisogno di una mano? » le domando, indicando la catena della bici. Lei assume un’espressione stranita : sembra l’attrice Julianne Moore, noto. Le sto per chiedere se si ricorda di me, quel silenzio imbarazzate mi sta distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Ho sbiciclettato fin qui da Porotto e non ho un soldo. » mi dice.
« Un euro? » ripeto io, stranito.
« Se vuoi offrirmi da bere, saresti molto gentile, Marco. »
« Sai il mio nome? » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. Ora vuoi prendermi qualcosa da bere? » chiede nuovamente lei, ed io sono così felice che le offrirei un acquedotto intero.

DOPO :
Ed all’improvviso la incrocio. Così, un incontro del tutto inaspettato, ed è per questo che io non sono per niente pronto, anzi, sono davvero orribile : sono sudato, i miei capelli non sono come al solito pieni di gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, davanti a me, in tutta la sua semplicità e bellezza. Che faccio, proseguo per il mio cammino o le parlo? Nonostante da pochi secondi soltanto la stia guardando, è già troppo tempo che la osservo e notò che si è innervosita… Penso che probabilmente non si ricordi nemmeno di me. Presa la decisione se proseguire o meno, faccio per avvicinarmi alla ragazza, deciso a dirle qualcosa, anche solo un saluto ; anche lei fa un piccolo movimento, uno scatto, ma probabilmente è perché vuole picchiarmi col pesante borsone nero che ha e col quale continua a rovistare. Dev’esser pieno di libri, visto che stiamo proprio di fronte alla biblioteca e mi è parso di scorgere qualche romanzo sbucare dalla borsa. No, dai, lasciamo perdere, tanto lei non m’ha riconosciuto. Anzi, forse non è nemmeno chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio magari. Già.
Svolto quindi in una via secondaria che costeggia la biblioteca Ariostea di cui non ricordo il nome. Mi fermo un secondo, appoggiandomi contro un muretto pieno di muschio. Mentre osservo a terra i mozziconi di sigaretta mi viene la voglia tremenda di accendermene una tanto che tiro fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto e l’accendino. Poi socchiudo gli occhi, giusto per riprendermi dall’emozione. E proprio ad occhi ben chiusi mi rendo davvero conto della cazzata che ho fatto. Come ultimo gesto disperato, decido di andarle incontro correndo, come nei migliori (o peggiori?) film d’amore.
Giro nuovamente l’angolo per ritrovarmi davanti all’entrata della biblioteca ma lei non è più lì a trafficare con la borsa piena di libri o la serratura della bicicletta. Allora continuo a correre per tutta via Scienze, ma soltanto più avanti la incontro. La mia fortuna ha voluto che la catena della bici si rompesse ed ora la ragazza stava brontolando per via Mazzini mentre trascinava il veicolo a piedi con grande fatica. Per un po’ la guardo da lontano, sentendo il mio desiderio crescere : la voglio stringere, voglio sentire il sapore delle sue labbra, la voglio possedere e voglio che le piaccia. Non posso più resistere, ed accelero il passo finché non sono proprio dietro di lei. Istintivamente le appoggio una mano, in un gesto non troppo delicato, sulla spalla. E’ piuttosto bassa, ma questo la rende molto dolce, e fa sentire più alto anche me. Lei si gira un po’ allarmata, enormi occhiali da sole le coprono gli occhi che generalmente sono azzurri o verdi.
« Hai bisogno per caso di una mano? » le domando con disinvoltura, indicando con un dito la catena a terra. Mi sento un po’ scemo a fare il duro quando l’inconveniente da cui salvare l’amata è soltanto una bicicletta rotta. Lei assume un’espressione stranita : assomiglia all’attrice Julianne Moore, noto per la prima volta. Le sto per chiedere se si ricorda di me, perché quel silenzio che si è creato tra noi mi sta decisamente distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Sono arrivata fin qui da Porotto in bicicletta e non ho nemmeno un soldo per rinfrescarmi un attimo. » mi dice.
« U-un euro? » ripeto io, stranito. Sì, ok, magari sto facendo la figura dell’ebete, ma lei è così strana a fare una richiesta del genere. Ed il bello è che non sembra per niente un’accattona, anzi, sembra proprio volere qualcosa d’offerto col cuore, e questo è tutto così particolare.
« Se vuoi offrirmi qualcosa da bere, Marco, saresti molto gentile… Un vero galantuomo! »
« Tu… Sai il mio nome?! » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. » risponde lei ; in effetti, se mi ha appena chiamato per nome, vuol dire che ne è a conosceva. Significa che si ricorda di me, che mi conosce, almeno di viso. La sua voce mi riporta alla realtà. « Ora mi prenderesti qualcosa da bere, per cortesia? » chiede nuovamente lei. Come risposta, le sorrido con gioia : sono così felice che le offrirei perfino l’intero acquedotto comunale, se potessi.


Alla prossima settimana ed un bacio.
Lucre

sabato 11 aprile 2009

Prova di srittura di martedì 7 aprile

La scalata

Era già trascorsa la mattina da che avevo iniziato a salire, e il pomeriggio era imminente, la stanchezza era alle porte della debolezza.
Scalare una montagna, anche se di difficoltà media non è facile. Avendo trovato un appiglio sicuro, e riprendevo fiato riflettendo sul da farsi. La gamba d’appoggio tremava nello sforzo: E mi venne da ridere, pensando al verso di Dante, quando s’inerpicava sulle montagne infernali, “…si che il piè fermo sempre era l’ più basso…”. Intanto mi guardavo intorno per scorgere dove era meglio aggrapparsi per salire con più sicurezza. Udivo le folate della brezza fischiare contro gli speroni di roccia, e agghiacciarmi il sudore della fronte. Non si udiva altro rumore, né altro che non fosse di solitudine e di vento. Guardai con attenzione, ciò che mi sovrastava. In un lampo mi resi conto che non mancava molto per raggiungere una piccola balconata, ove mi sarei potuto rifocillare, prima di procedere per lo sforzo finale.
Facendomi forza, ripresi la salita, ma mi accorsi che il peso dello zaino non mi avrebbe consentito di poter andare su ancora per tanto, la zavorra sulla schiena mi era oramai insopportabile.
Il respiro affannato mi opprimeva il petto fino al punto di ferirmi i polmoni, con la loro imprescindibile necessità. Facendomi violenza superai alcuni appigli, e appoggiando finalmente il gomito alla balaustrata, guadagnai l’approdo sicuro.
Vinto quel pericolo, subito una nuova ansia mi agitò, quella di essere colto dal buio, prima di aver portato a termine il mio intento. Questa nuova angoscia mi fece ragionare, vedevo la cima della vetta, ancora lontana, pensai che con quel peso alla schiena non sarei riuscito a raggiungerla prima del buio. Così presi una decisione rapida: slacciai le fibbie e i cordoni dello zaino e cominciai a liberarmi del peso superfluo.
La prima cosa che gettai nel vuoto, furono le liti in famiglia, poi mi svincolai del dispiacere della morte della nonna, scaraventai nel baratro la separazione dei miei genitori, e giù anche la lunga malattia di mia madre, e in fine mi sciolsi dell’involto più voluminoso e pesante, i mille e mille disgusti della vita, scaricai quel fardello, facendolo ruzzolare giù per il dirupo. Cercai in fondo al sacco se vi fosse rimasto qualche altra cosa da buttare, vi era rimasto solo un picco involto di tela grezza, lo svolsi per conoscerne il contenuto: erano alcuni rari momenti di felicità, di cui non ricordavo più nemmeno l’esistenza.
Richiusi lo zaino, lo buttai sulle spalle riprendendo a salire, leggero e spensierato.



Cristiano 11-04-2009

martedì 7 aprile 2009

PROVA DI SCRITTURA martedì 8 aprile 2009

PERSONAGGIO : LA DESCRIZIONE.
D'ISTINTO, PRENDETE CARTA E PENNA E BUTTATE SU FOGLIO LA DESCRIZIONE DI UN PERSONAGGIO (O PIU'). MA CHI? LA SEVERA MAESTRA DELLE ELEMENTARI, LA RAGAZZA PER CUI SI HA AVUTO LA PRIMA COTTA, UN PARENTE SCOMPARSO, UN UOMO CONOSCIUTO SUL TRENO, INSOMMA... QUALCUNO CHE CONOSCETE O CHE AVETE CONOSCIUTO ANCHE SOLO PER UN ATTIMO!
ATTENZIONE! NON UNA DESCRIZIONE SCHEMATICA COME "COLORE DEGLI OCCHI SONO AZZURRI, I CAPELLI BIONDI"... METTETELA SOTTO FORMA DI RICORDO, INFILATE LA DESCRIZIONE IN UNA STORIA... INSOMMA, APPROFITTATE DI QUESTO ESERCIZIO PER ALLENARVI NELLA SCRITTURA IN GENERALE, OLTRE CHE PER LA DESCRIZIONE DEI PERSONAGGI!


Il mio esercizio :
Patrizio sfrecciò come un fulmine proprio davanti al ristorante cinese. Non era abituato a correre, diciamo pure che non era un perfetto atleta nonostante fosse molto alto e longilineo ; respirava con affanno ogni volta che il suo piede s’appoggiava a terra per far da leva all’altro. La scorretta respirazione stava iniziando a fargli girar la testa, ma l’adrenalina lo aiutava a continuare a scappare. Sempre se c’era ancora bisogno di fuggire, questo non lo sapeva, erano diversi metri che non si voltava a controllare se la macchina nera lo seguiva ancora. I suoi amici l’avevano abbandonato già da un paio d’isolati indietro, e Patrizio decise d’impulso di dirigersi verso il loro nascondiglio, il cosiddetto “Adriana Club”. Sicuramente Marco, Gianluca e Benedetto erano là ad aspettarlo, tra le travi barcollanti del loro rifugio. Pat si arrampicò velocemente su un muretto, per poi cadere di peso nel giardino di qualcuno. Sentì il braccio bruciargli e quindi lo espose alla luce elettrica dei lampioni : un lungo taglio che partiva dal mignolo che finiva poco prima del gomito sgorgava sangue che nell’oscurità sembrava nero. Si controllò il resto del corpo : dopotutto era nudo, tranne per le scarpe ed i calzini bianchi, c’era il rischio di aver danneggiato qualcosa di più importante di uno stupido braccio. Con sollievo constatò che solo le ginocchia appuntite erano sbucciate e niente di più. Si tirò su le calze e si sistemò con un gesto della mano i lisci capelli castani mentre cercava di capire perché quel posto gli pareva così famigliare. Notò i nani da giardino, un’altalena ed un sofisticato gazebo e per un attimo sperò di non esser finito a casa di Antonio, quello che una volta era il suo migliore amico. Quando notò degli enormi insetti finti e zoccoli olandesi appesi vicino alla porta d’ingresso, si rese conto che la sua intuizione una volta tanto era giusta. Scavalcò di nuovo il muretto per andarsene il prima possibile, questa volta facendo attenzione a non tagliarsi coi vetri. Una volta ritornato in strada, decise che avrebbe lasciato perdere i suoi amici, almeno per quella sera. Sarebbe tornato a casa, si sarebbe fatto una bella doccia fredda e poi, tra le lenzuola del letto, avrebbe riso al pensiero dei suoi tre amici, ancora nudi, che lo aspettavano all’ “Adriana Club”. « Così imparano a proporre di camminare per via Bologna col pisello di fuori. » rifletté senza cattiveria. Strinse i suoi occhi tra il verde ed il grigio poi tirò un sospiro di sollievo : per fortuna quella terrorizzante macchina nera era sparita.

venerdì 20 marzo 2009

Prova di scrittura martedì 17 marzo 2009

Rossi
(Prova di scrittura creativa 17-03-2009)


Rossi infilò la sua maglia bianco-nera con alla schiena il fatidico numero nove; scendeva in campo quella domenica con un gran mal’ di denti. L’incisivo superiore sinistro, all’apparenza sano come un corallo, già dalla mattina lo pizzicava e alle quindici era quasi insopportabile.
In campo, l’urlo della folla allo scandire del suo nome, gli fece per un attimo, ma solo per un attimo scordare il tormento. Nemmeno i due analgesici ingoiati prima della gara, gli avevano alleviato il dolore.
Dolore che si aggiunse ad altro dolore, quello di avere coscienza di non disputare una buona partita. Mancava la palla nei momenti cruciali del gioco, le azioni più semplici gli riuscivano difficili. Pensava di chiedere il cambio, ma era combattuto tra il voler ancora tentare, e il rispettare le regole della squadra. Quando al trentasettesimo del primo tempo; una palla rinviata da Zoff, fu agganciata alla tre quarti da Furino e tagliata in una stupenda diagonale che spiovve millimetrica sulla sua testa, Paolo non mancò la sfera, e con una dinamica rotazione del capo la infilò nell’angolino opposto della porta, il portiere avventatosi a sua volta sul pallone cercò di allontanarlo uscendo a pugni chiusi, e non trovandolo colpì l'attaccante in piena bocca.
Rossi preso dall’agonismo dell’impresa appena compiuta, non percepiva più il dolore all’incisivo e rialzatosi da terra, esultò a mani alzate verso i compagni che lo abbracciarono, poi divincolandosi dalla stretta degli amici corse gioendo verso l’allenatore che rimase ammutolito, vedendolo venire verso di lui, con la chiostra bianca dei denti insanguinata e mancante dei due incisivi superiori.

lunedì 9 febbraio 2009

E COSI' VORRESTI FARE LO SCRITTORE? - Charles Bukowski



se non ti esplode tutto dentro a dispetto di tutto, non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo.
se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo.
se lo fai per soldi o per fama, non farlo.
se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo.
se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un ruggito, allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito, fai qualcos'altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno, non sei pronto.

non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono e noioso e pretenzioso, non farti consumare dall'auto-compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca dall'anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all'omicidio, non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo.

quando sarà veramente il momento, e se sei predestinato, si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.

non c'è altro modo.

e non c'è mai stato.

giovedì 5 febbraio 2009

INCONTRO MARTEDI' 10 FEBBRAIO

Il prossimo incontro e' fissato per martedì 10 febbraio ore 17.30 sempre dal mitico Cristiano. A presto ragazzi!

martedì 3 febbraio 2009

Alcune pics!







Per chi non c'è... Non si offenda! Ci sarà spazio per tutti.
Bacino
Lucre

L'ARTE DI SCRIVERE

I - SULL'ARTE DI SCRIVERE

* quando descrivi un luogo, quando scrivi un dialogo, tu devi essere lì, tu devi sentirti lì;
* scrivere bene è questione di impegno, caparbietà, voglia di imparare, sperimentare; insomma, occorre fare come l’artigiano se si vuole imparare il mestiere di scrivere;
* è importante che il tema che si vuole raccontare ci stia a cuore;
* scrivi e... riscrivi;
* essere un artigiano della scrittura: pazienza, dedizione, cura;
* se si vuole essere dei bravi narratori, è molto importante sviluppare la capacità di osservazione delle persone che incontriamo o con cui abbiamo a che fare, sapendo cogliere i loro tratti caratteristici;
* non bisogna mai dimenticarsi, mentre si scrive, di domandarsi: cosa si vede? cosa si sente? ci sono profumi, sensazioni tattili o di gusto?
* non ci si deve mai dimenticare dell’esistenza di un particolare filtro dove la nostra storia deve necessariamente passare. Questo filtro è il bagaglio culturale del lettore;
* bisogna imparare a concedersi il giusto tempo per vedere, guardare, osservare ed infine cercare di capire. Questo tempo occorre darlo anche ai nostri lettori;
* e bisogna sviluppare la capacità di osservare le cose da prospettive inconsuete e tali da permetterci di comprendere meglio ciò che un luogo o un personaggio rappresentano e, da scrittori, trasferire quest'attitudine sulla pagina;
* un consiglio di carattere generale: quando nella nostra scrittura rimaniamo bloccati e non sappiamo come procedere, un buon metodo per sbloccarsi è quello di trovare la "via più semplice";
* non cedere alla tentazione dell'autobiografismo: meglio cercare di raccontare le proprie storie, piuttosto che la propria storia;

Le parole
* per lo scrittore la scelta della parola giusta è fondamentale, e si rivela particolarmente efficace quando vogliamo dare senso alla frase senza cadere nel didascalico;
* le parole che scegliamo per un dialogo devono essere adeguate al personaggio che le pronuncia e rispecchiare il suo bagaglio culturale, il suo stato d'animo e il clima del contesto in cui si svolge;
* con le parole si può però anche “giocare”: usandole, per esempio, per creare dei contrasti, delle parodie, ecc.
* insomma, scegliere le parole giuste è, per lo scrittore, come scegliere il legno adatto per il falegname.

Il pericolo noia
* per evitare il pericolo noia, la miglior cosa da fare è lavorare in maniera consapevole sulle scelte estetiche (ovvero sul proprio stile): modificando per esempio il punto di vista;
* un'altra strategia molto utile, è quella di ridurre gli aggettivi e gli avverbi cercando di mostrare più che dire (show don't tell);
* è bene combattere la pigrizia sforzandosi di trovare sempre la parola giusta;
* contro la noia sono molto utili i consigli di Calvino relativi alla "leggerezza" e alla "rapidità": per ricercare la prima, occorrerà lavorare molto per sottrazione; per la seconda sarà bene privilegiare le frasi coordinate piuttosto che le subordinate;
* I cinque amici della noia:
1) la prevedibilità
2) la mancanza di una direzione (di un senso)
3) la ripetitività
4) la mancanza di avvenimenti significativi (non accade nulla)
5) uno stile eccessivamente didascalico (dire tutto)
* I sette nemici della noia:
1) più linee narrative che si intrecciano o che magari si intersecano; di cui una sarà la principale e darà la direzione (il senso) alla storia
2) le variazioni di tono
3) la molteplicità dei personaggi
4) un tema significativo
5) l'originalità della trama
6) l'equilibrio tra le parti riservate ai dialoghi e quelle riservate alle descrizioni
7) la presenza di un filo conduttore
* Oltre ad annoiare il lettore, c'è il pericolo che anche lo scrivere, in alcuni momenti, possa diventare noioso. Ciò accade soprattutto quando si è troppo riflettuto su un certo passaggio della storia che lo si conosce oramai così bene che lo scriverlo diventa soltanto un riportare ciò che si ha già ben chiaro in mente. Insomma è come partire per un viaggio sapendo già esattamente cosa si troverà, i luoghi che si vedranno, e anche i sapori dei cibi che si mangeranno. In pratica, non c'è più gusto. Meglio quindi iniziare subito a scrivere appena si ha un'idea consistente ma non ancora troppo definita.


E' un bel po' di robetta noiosa da leggere, ma ogni tanto dobbiamo far vedere che c'impegnamo :D
Lucre

lunedì 2 febbraio 2009

Caravaggio


Cari amici,cercherò di descrivere con poche parole la bellissima gita a Milano,di Rosalia, Floriana, Giovanni, Stefano e Cristiano per visitare la mostra di Michelangelo Merisi alla Pinacoteca di Brera. Sfolgorante viaggio sotto una discreta nevicata, durante il quale, Floriana dopo esseri ribaltata più volte sul sedile posteriore a causa di alcune curve inaspettate di Cristiano, puntellatasi a dovere, si è lisciata la pelle del viso, laccata le unghie, pettinata i capelli e truccata gli occhi per buona parte del viaggio. Più tardi con la complicità di Stefano, pensarono di pugnalare Cristiano o di tramortirlo con un nodoso bastone, scartata l’idea per non incorrere nella punizione della legge, la graziosa fanciulla propose un gioco per farlo tacere ma inutilmente, quello parlava con lo stomaco e la pancia come un ventriloquo, senza muovere la bocca. Finalmente, arrivo in località Famagosta, all’incrocio tra Via Pietro Boifava e Via della Chiesa rossa, i cinque, dopo non poca fatica e dispendio di denaro, sono riusciti a farsi vomitare dalla diabolica macchina sputa biglietti, un numero non ben precisato di corse. All’arrivo del bigatto sotterraneo, hanno preso posto nel ventre dell’animale sferragliante... il viaggio nel bruco terrigno e stato breve e divertente. Discesi alla stazione Lanza, la pattuglia si è avviata sicura verso la pinacoteca ove alla corte d’onore sono stati ricevuti dall’imperatore Napoleone Buona Parte, poi allo scalone d’onore, sorridente li ha salutati il Beccaria, seduto e contornato dai suoi libri. Quindi è iniziata la visita. La Pinacoteca è sempre splendida Da Mantegna a Bellini da Morandi a Mentessi, gli splendidi i buoi di Giovanni Fattori, Pelizza da Volpedo, Silvestro Lega, Hayez con il suo delicato inteso “Bacio” un attimo eterno d’amore incorruttibile, Garofalo, Reni, Spagnoletto. Non riesco più a fermarmi. Poi, il culo di cappone, il nocciolo, la ragione che ha spinto il viaggio. Il Caravaggio. Sublime, incantevole, dirompente, spregiudicato, dolce, sciagurato, magico, artistico fino a strapparti la carne dalle ossa. Quattro quadri, due cene in Emaus, di cui una di proprietà della Pinacoteca di Milano, quindi in sostanza tre quadri, un’opera giovanile “Il concerto” poi “Ragazzo con canestro di frutta” in fine “Cena in Emaus” giunto dalla National Gallery di Londra. Un quarto d’ora per vedere quelle opere, poi turnover, “sotto degli altri” come diceva il birichino di Parigi quando tagliava le teste degli aristocratici. Infreddoliti, affamati, e sotto la neve i nostri trovavano rifugio all’osteria delle "Tre pippe", ove a servirli fu inviata una fata di serie C3, tale Gemma, ma non dei Torlonia, né Donati, Gemma Esposito da Salerno, per altro carina nei modi e gentile nel fare, Cristiano con maniera accattivante è subito entrato con lei in simbiosi, fino alla confidenza che è terminata in un addio con stretta di cuore e regalino finale. Pioggia vento e ululare di lupi in lontananza, hanno fatto sì che il quintetto, solitamente formato da un duo e un terzetto, si siano divisi, i primi verso Ferrara, gli altri tre a far shopping e a visitare il centro di Milano. Dopo avere subito una perquisizione alla sudamericana, Floriana Stefano e Cristiano sono entrati in duomo, la facciata del quale e ora di candidi marmi, dopo l’accurato restauro. All’interno i tre hanno cercato la nuvola, il caratteristico ascensore col quale il Cardinale può raggiungere il tabernacolo del Santo Chiodo, è il cimelio più noto tra quelli legati al culto di questa Reliquia. Per il suo peculiare aspetto, oltre che per il suo lento movimento, assai simile all'incenso che ascende lentamente nell'aria, fu battezzata "nube" o, più frequentemente, "nivola", termine di origine popolare, mutuato dal dialetto e ormai consacrato dall'uso. Uscendo i tre, hanno acquistato una candela protettrice, (non si sa mai). Poi hanno attraversato la galleria Vittorio Emanuele II, con pestata di maroni al toro, (non si sa mai) poi ancora piazza della scala, infine in via Torino Floriana ha incontrato Eleonora un’amica-collega e per concludere: tornati con il metrò alla tana delle auto, si sono avviati verso Ferrara. Per tutto il viaggio di ritorno, neve, pioggia, vento, tempesta e Cristiano non taceva mai. Come a un prestigiatore gli escono coriandoli e coriandoli dalla bocca, a quello uscivano parole, parole, e ancora parole. Il mascalzone ha citato di tutto: da Dante a Penna, da Cecco Angioglieri a Guido Cavalcanti, da Moravia a Pasolini, di tutto e di più. Ma ogni tormento a un termine e quel frenetico-linguo-fonetico-pazzo-labiale, al fine, dopo aver gentilmente depositato prima Stefano all’auto in via Oroboni, poi Floriana davanti alla sua abitazione, se ne è tornato all'ovile. Penserete tacendo? Macché parlava ancora e da solo, mentre si autoaccompagnava a casa.
Spero di essere stato abbastanza descrittivo. Servo vostro in eterno. L’autore onnisciente

venerdì 30 gennaio 2009

INCONTRO MARTEDI' 3 FEBBRAIO

L'appuntamento è ormai settimanale! :) Ci incontriamo martedì 3 Febbraio sempre nella magica bottega di Cristiano! L'orario è alle 17.40 circa.

Un bacio, e se avete scritto qualcosa, portatelo!

Lucre



PS Le foto sul blog non le ho ancora messe ma le metterò a breve. Piccolo appunto : se non vi piacete nelle foto, è semplice... Si tolgono ! :) Basta farlo presente ^_^

mercoledì 28 gennaio 2009

FLANNERY O' CONNOR

"L'idea che la realta' sia qualcosa alla quale dobbiamo essere ricondotti a caro prezzo e' di rado compresa dal lettore superficiale, ma e' un'idea implicita nella versione cristiana del mondo".

Flannery O'Connor e' una scrittrice americana tra le piu' importanti del '900. In Italia sono stati pubblicati i suoi racconti (Tutti i racconti, Bompiani, 2000), una splendida raccolta di lettere (Sola a presidiare la fortezza, Einaudi) e i due romanzi Il cielo e' dei violenti (Einaudi, 1994) e La saggezza del sangue (Garzanti 2002).

I testi delle sue conferenze sulla scrittura sono fondamentali. In Italia sono state pubblicate da Theoria nel 1997 nel volume "Il territorio del diavolo" che, purtroppo, e' introvabile. Vi ho inviato tramite e-mail alcuni estratti oltre al racconto "un brav'uomo e' difficile da trovare", quello che vi ho letto martedì, per intenderci.


Qui di seguito un articolo di Enzo Siciliano per saperne un pò di piu'...



LA DONNA CHE ALLEVAVA PAVONI

IL MONDO DI FLANNERY O'CONNOR

Enzo Siciliano

Flannery O'Connor era affetta da un lupus devastante. Nata nel 1925 a Savannah in Georgia, la uccise nel 1964 un tumore, cui il suo corpo non riuscì a reagire in nessun modo, debilitato com'era per le cure che il lupus per anni aveva richiesto. Visse in una fattoria presso Milledgeville. Allevava pavoni: quell'allevamento riempì la parte di vita attiva che le era possibile svolgere.
Era cattolica e fortemente credente. Ebbe per destino narrare storie di quel sud che conosceva per natura nell'intimo del cuore. Wise Blood (La saggezza del sangue), pubblicato nel 1952, fu il romanzo che le diede successo e notorietà: contemporaneamente, la sua esistenza si trasformava in un definitivo calvario. Le forti dosi di cortisone di cui necessitava per combattere e frenare il suo male le corrosero il fisico. L'uso delle stampelle fu il primo passo verso più crudi impedimenti.

Ma la vita di Flannery O'Connor non si svolse in una tetra attesa della morte. Aveva ragione Manzoni: è una forza della fede cristiana quella non solo di resistere al male del corpo, ma di sconfiggere il male morale che ne deriva con una certezza di rinascita. Che poi è la molla della vita: e i modi a rinascere possono essere molteplici, ma nel momento in cui li si crede tali non c'è dinamica ostile che li sventi.

Cominciamo dai pavoni. Perché Flannery O'Connor allevò pavoni? Non seppe rispondere lei stessa: «Non lo so», ha scritto. Allevava polli fin da bambina. Aveva cinque anni e un suo pollo, «un Bantam marroncino della Cocincina, aveva la particolarità di riuscire a camminare sia in avanti sia all'indietro». Andò a filmarlo un fotografo della Pathé News. Il povero pollo «poco dopo morì, non c'è da stupirsene».

Flannery O'Connor era dotata di una forte vis comica. Ma davanti ai pavoni confessò di non poter far altro che tenersi «in una reverente soggezione». In una lettera a un'amica, l'anonima A. dell'epistolario, il 25 novembre del '55 scriveva: «Dove c'è un pavone c'è anche una mappa dell'universo».

E passiamo alle lettere. I romanzi della O'Connor con Wise Blood (spero che ricordiate il bel film che ne ricavò John Huston) sono due. Il resto della sua opera sono racconti, sempre magnifici (Attilio Bertolucci raccomandava di leggerli e rileggerli: sono anche tradotti tutti in italiano). Poi ci restano di lei alcune conferenze, alcuni saggi, anch'essi ben tradotti in italiano da Ottavio Fatica, Nel territorio del diavolo. Oggi, sempre Fatica ha curato per Einaudi un'antologia dalle lettere (Sola a presidiare la fortezza, pagg. XX170, lire 18.000), ricavandola da una scelta assai più ampia compiuta in archivio da Sally Fitzgerald, moglie del critico Robert, amicissimi entrambi di Flannery, The Habit of Being, e stampata nel 1979 per Farrar Straus & Giroux.

Le lettere di Flannery O'Connor sono fra i più singolari, stupefacenti testi della letteratura americana del secolo.

Quando la Fitzgerald le ebbe fra le mani lei, che era stata sua corrispondente scrisse a Robert Giroux, l'editore, che quanto la colpiva e la sorprendeva sfogliando quelle carte era il modo diretto, incisivo con il quale «la vita irrefrenabile» di Flannery vi si disegnava: vi si disegnava con vivezza il suo scandagliare dentro l'animo degli altri, così come scandagliava il proprio, il suo male, il suo destino, il suo difficile stare al mondo, spietatamente ma non impietosamente.
Non c'era verso che Flannery si staccasse dal suo chiodo: cercava ovunque la mappa dell'universo, come nelle pasticche di colore che si dissolvono lungo il piumaggio della coda di un pavone maschio.
Il fortissimo realismo nella narrativa della O'Connor affonda le radici proprio in quel sud che ha avuto in Faulkner il suo Eschilo. In lei la tragedia si scambia di continuo in comicità.

Sempre alla sua carissima A. il 24 settembre del '55 scriveva a proposito di Simone Weil: «La sua vita è una miscela quasi perfetta di Comico e Terribile, che poi se vogliamo sono due facce della stessa medaglia. In base alla mia esperienza, ogni cosa divertente che ho scritto è più terribile che divertente, o divertente solo perché terribile, o terribile solo perché divertente. Ebbene, la vita di Simone Weil è la più comica che abbia mai letto nonché la più genuinamente tragica e terribile. Se vivrò abbastanza da sviluppare appieno le mie doti di artista, mi piacerebbe scrivere un romanzo comico su una donna; e cosa c'è di più comico e terribile di un'intellettuale fiera e spigolosa che si accosta a Dio un passettino alla volta coi denti digrignanti? Devo andarmene sulle mie due gambe di alluminio».

La citazione è lunga, lo so: ma in essa c'è un lampante autoritratto, messo a nudo alla conclusione, nella rabbia, nel sorriso e nello sprezzo verso quelle «due gambe d'alluminio».

Se Faulkner, con i suoi romanzi, è stato l'Eschilo (e anche un po' il Sofocle) del sud degli States, la O'Connor ne è stata l'Euripide. Crede nelle leggende e nella vita drammatica che in quelle terre viene vissuta: ma ci crede sul filo di uno spirito caustico, eversivo che tutto sgranerebbe, se poi non vi fosse, un precipizio dentro il cuore, la presenza di Dio (il deus ex machina) che salva ogni cosa e non la salva beatificamente, consolatoriamente, ma la salva come in una tragedia la si può salvare, attraverso il delitto e la morte.
A John Hawkes il 13 settembre del '59 scrive: «Il mio tema è sempre il conflitto fra l'attrazione per il sacro e una miscredenza nei suoi confronti che si respira con l'aria dei tempi. Credere è sempre difficile, ma tanto più lo è al giorno d'oggi».

Il veggente protagonista di Wise Blood gira di paese in paese predicando mentre attorno a lui non c'è che male, e lui stesso è male. Ma quel che conta per la sua autrice è la credibilità, nel paradosso, della fede che quell'uomo professa. «Il problema non è tanto se una cosa è positiva o negativa, quanto se è credibile» (ad A., 8 settembre del '56).

Concludiamo con la fede di Flannery O'Connor. Sono un po' giansenista, diceva. Credo che per qualche cattolico italiano la chiarezza di queste sue parole suoni sorprendente e forse fastidiosa («A vivere oggi si respira nichilismo. Dentro e fuori la Chiesa è il gas che si respira», ad A. 28 in una lettera dell'agosto del '55). Sosteneva anche d'essere «una cattolica singolarmente dotata di coscienza moderna, della specie che Jung definisce astorica, solitaria e colpevole». Aggiungeva che questo era il fardello che le era toccato portare, a lei e a ogni cattolico consapevole d'esserlo: «Sentire la contemporaneità in misura estrema». E ancora: «Questa è una generazione di polli senza ali, e credo che Nietzsche alludesse alla stessa cosa dicendo che Dio è morto» (sempre ad A. in una lettera del 20 luglio del '55).
Tutto ciò come poteva incidere sull'arte, sulla letteratura? Flannery O'Connor scrive a Eileen Hall, 10 marzo del '56: «L'arte non è cosa da verificare "fra" la gente, e comunque non l'arte del romanzo. E' cosa che si vive da soli e allo scopo di cogliere in modo nuovo, attraverso i sensi, il mistero dell'esistenza. Il mistero dell'esistenza è in gran parte il peccato».

La scienza del peccato Flannery O'Connor sosteneva le fosse nota fino al minimo dettaglio. Per questo Euripide subì la stessa sorte poté raccontare e rappresentare l'esplosione «comica e terribile» delle molteplici volontà a conflitto nell'animo di uno stesso individuo.

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(Tratto da La Repubblica, 25 Maggio 2001 )




Buona lettura a tutti, ciao Floriana:)

domenica 18 gennaio 2009

INCONTRO MARTEDì 27 GENNAIO

Carissimi, il prossimo incontro del gruppo di scrittura creativa avverrà martedì 27 gennaio sempre da Cristiano, alle ore 17.30.
Vi aspetto!
Un salutone, Floriana:)

venerdì 9 gennaio 2009

INCONTRO MARTEDì 13 GENNAIO

Ciao a tutti! Vi aspetto martedì 13 gennaio ore 17.40 sempre da Cristiano per il prossimo incontro del gruppo di scrittura creativa!
Un salutone Floriana:)