mercoledì 15 aprile 2009

INCONTRO SCRITTURA del 14 Aprile 2009

Quattro poveracci quali Cristiano, Luca, Lucrezia e Matilde nella giornata di ieri hanno affrontato un argomento chiave di ogni arte, dalla scrittura alla pittura, dalla scultura alla fotografia, etc. Sto parlando dell'AMORE. Attraverso un racconto di getto, una delle nostre solite prove di scrittura, abbiamo dato un'idea d'amore l'uno differente dall'altro.
Abbiamo unito al tema dell'amore anche un esercizio sul dialogo. L'esercizio consisteva, appunto, di scrivere un dialogo il cui tema fosse l'amore ; il dialogo poteva essere inserito nel contesto di una descrizione, oppure proprio uno scambio tra due (o più persone), insomma, come uno sentiva dal cuore di farlo.
Risultati più o meno disastrosi, ma comunque un buon esercizio, perché bisogna sempre tenersi allenati.
Se volete, potete provarci anche voi a casa.
In ogni modo, spero ci sia più gente la prossima volta per tentare nuovamente questo esperimento. Od altro ancora, se preferite.
Vi lascio con la mia prova di ieri + la correzione della prova di ieri (più ponderata, limata e sensata).

PRIMA :
E la incrocio. È tutto così inaspettato ed io sono orribile : sono sudato, i miei capelli senza gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, in tutta la sua semplicità. Che faccio, le parlo? La sto osservando da troppo tempo, la vedo innervosita… Forse neanche si ricorda di me. faccio per avvicinarmi, anche lei fa un piccolo scatto ma probabilmente vuole picchiarmi col pesante borsone pieno di libri che ha. No, lasciamo perdere, lei non mi ha riconosciuto. Già, forse non è chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio. Giro in una via secondaria di cui non ricordo il nome. Mi fermo e m’appoggio contro il muro di una casa, tengo gli occhi chiusi per riprendermi dall’emozione. Ho fatto una cazzata, ora me ne rendo conto e come ultimo gesto disperato le corro incontro. Giro l’angolo e lei non è più a trafficare con la serratura della bicicletta. Continuo a correre, ed eccola là : la fortuna ha voluto che la catena della bici cadesse ed ora sta brontolando per via Mazzini. Per un attimo la guardo da lontano ed il mio desiderio cresce ; non posso resistere. Ormai sono dietro di lei, istintivamente le appoggio una mano sulla spalla. Lei si gira, degli occhiali da sole enormi le coprono gli occhi verdi.
« Hai bisogno di una mano? » le domando, indicando la catena della bici. Lei assume un’espressione stranita : sembra l’attrice Julianne Moore, noto. Le sto per chiedere se si ricorda di me, quel silenzio imbarazzate mi sta distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Ho sbiciclettato fin qui da Porotto e non ho un soldo. » mi dice.
« Un euro? » ripeto io, stranito.
« Se vuoi offrirmi da bere, saresti molto gentile, Marco. »
« Sai il mio nome? » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. Ora vuoi prendermi qualcosa da bere? » chiede nuovamente lei, ed io sono così felice che le offrirei un acquedotto intero.

DOPO :
Ed all’improvviso la incrocio. Così, un incontro del tutto inaspettato, ed è per questo che io non sono per niente pronto, anzi, sono davvero orribile : sono sudato, i miei capelli non sono come al solito pieni di gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, davanti a me, in tutta la sua semplicità e bellezza. Che faccio, proseguo per il mio cammino o le parlo? Nonostante da pochi secondi soltanto la stia guardando, è già troppo tempo che la osservo e notò che si è innervosita… Penso che probabilmente non si ricordi nemmeno di me. Presa la decisione se proseguire o meno, faccio per avvicinarmi alla ragazza, deciso a dirle qualcosa, anche solo un saluto ; anche lei fa un piccolo movimento, uno scatto, ma probabilmente è perché vuole picchiarmi col pesante borsone nero che ha e col quale continua a rovistare. Dev’esser pieno di libri, visto che stiamo proprio di fronte alla biblioteca e mi è parso di scorgere qualche romanzo sbucare dalla borsa. No, dai, lasciamo perdere, tanto lei non m’ha riconosciuto. Anzi, forse non è nemmeno chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio magari. Già.
Svolto quindi in una via secondaria che costeggia la biblioteca Ariostea di cui non ricordo il nome. Mi fermo un secondo, appoggiandomi contro un muretto pieno di muschio. Mentre osservo a terra i mozziconi di sigaretta mi viene la voglia tremenda di accendermene una tanto che tiro fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto e l’accendino. Poi socchiudo gli occhi, giusto per riprendermi dall’emozione. E proprio ad occhi ben chiusi mi rendo davvero conto della cazzata che ho fatto. Come ultimo gesto disperato, decido di andarle incontro correndo, come nei migliori (o peggiori?) film d’amore.
Giro nuovamente l’angolo per ritrovarmi davanti all’entrata della biblioteca ma lei non è più lì a trafficare con la borsa piena di libri o la serratura della bicicletta. Allora continuo a correre per tutta via Scienze, ma soltanto più avanti la incontro. La mia fortuna ha voluto che la catena della bici si rompesse ed ora la ragazza stava brontolando per via Mazzini mentre trascinava il veicolo a piedi con grande fatica. Per un po’ la guardo da lontano, sentendo il mio desiderio crescere : la voglio stringere, voglio sentire il sapore delle sue labbra, la voglio possedere e voglio che le piaccia. Non posso più resistere, ed accelero il passo finché non sono proprio dietro di lei. Istintivamente le appoggio una mano, in un gesto non troppo delicato, sulla spalla. E’ piuttosto bassa, ma questo la rende molto dolce, e fa sentire più alto anche me. Lei si gira un po’ allarmata, enormi occhiali da sole le coprono gli occhi che generalmente sono azzurri o verdi.
« Hai bisogno per caso di una mano? » le domando con disinvoltura, indicando con un dito la catena a terra. Mi sento un po’ scemo a fare il duro quando l’inconveniente da cui salvare l’amata è soltanto una bicicletta rotta. Lei assume un’espressione stranita : assomiglia all’attrice Julianne Moore, noto per la prima volta. Le sto per chiedere se si ricorda di me, perché quel silenzio che si è creato tra noi mi sta decisamente distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Sono arrivata fin qui da Porotto in bicicletta e non ho nemmeno un soldo per rinfrescarmi un attimo. » mi dice.
« U-un euro? » ripeto io, stranito. Sì, ok, magari sto facendo la figura dell’ebete, ma lei è così strana a fare una richiesta del genere. Ed il bello è che non sembra per niente un’accattona, anzi, sembra proprio volere qualcosa d’offerto col cuore, e questo è tutto così particolare.
« Se vuoi offrirmi qualcosa da bere, Marco, saresti molto gentile… Un vero galantuomo! »
« Tu… Sai il mio nome?! » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. » risponde lei ; in effetti, se mi ha appena chiamato per nome, vuol dire che ne è a conosceva. Significa che si ricorda di me, che mi conosce, almeno di viso. La sua voce mi riporta alla realtà. « Ora mi prenderesti qualcosa da bere, per cortesia? » chiede nuovamente lei. Come risposta, le sorrido con gioia : sono così felice che le offrirei perfino l’intero acquedotto comunale, se potessi.


Alla prossima settimana ed un bacio.
Lucre

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