giovedì 30 aprile 2009

RUBRICA "ATTRAVERSO LO SPECCHIO" (cit. Carroll)

Le due cosiddette "bimbeminkia" Matilde e Lucrezia hanno avuto una brillante idea per rendere più frizzante questo, emh, SEGUITISSIMO, emh, blog. Visto che ormai ci frequentiamo da diverso tempo, credo siano state messe in risalto caratteristiche inconfondibili di noi, nel bene o nel male. Siamo qui oggi (e domani, e dopodomani, ed il domani del dopodomani) per prendervi in giro TUTTI, AHAHAHAH *risata satanica*. Perciò preparatevi psicologicamente a non offendervi, perché non saremo così cattive, anzi, prenderemo in giro pure noi stesse.
Infatti proprio oggi vi presenterò (non presenteremo, ovviamente farlo fare anche a Matilde non veniva bene...) il primo dei personaggi degli incontri di Scrittura Creativa! Siori e siore...



Matilde è la più piccola del gruppo (ma non diteglielo, che poi si offende!). Nonostante la giovane età, è probabilmente più brava di tutte le cariatidi del gruppo messe insieme… E lei lo sa, per questo se la ghigna sotto i baffi che non ha mentre gli altri leggono le loro orribili creazioni. Non dimentichiamo anche che ha l’animo gotico, un po’ vampiresco… Nei suoi brevi ma intensi racconti, scritti su un quadernino FUCSIA, parla d’amore, di uomini belli ed impossibili… ma sa parlare anche di cose toste. Ma in quanti lo sanno davvero? In pochi, perché si tiene per sé ciò che veramente vorrebbe dire, come se gli altri fossero troppo poco intelligenti da ascoltare. Schietta, sincera ed acida in tenera età, insomma, tutte le caratteristiche di una scrittrice moderna perfetta!
… Però arriva sempre tardi agli incontri, e perciò non è più invitata. TZSE’.


Al prossimo personaggio con la rubrica ATTRAVERSO LO SPECCHIO!!

mercoledì 15 aprile 2009

INCONTRO SCRITTURA del 14 Aprile 2009

Quattro poveracci quali Cristiano, Luca, Lucrezia e Matilde nella giornata di ieri hanno affrontato un argomento chiave di ogni arte, dalla scrittura alla pittura, dalla scultura alla fotografia, etc. Sto parlando dell'AMORE. Attraverso un racconto di getto, una delle nostre solite prove di scrittura, abbiamo dato un'idea d'amore l'uno differente dall'altro.
Abbiamo unito al tema dell'amore anche un esercizio sul dialogo. L'esercizio consisteva, appunto, di scrivere un dialogo il cui tema fosse l'amore ; il dialogo poteva essere inserito nel contesto di una descrizione, oppure proprio uno scambio tra due (o più persone), insomma, come uno sentiva dal cuore di farlo.
Risultati più o meno disastrosi, ma comunque un buon esercizio, perché bisogna sempre tenersi allenati.
Se volete, potete provarci anche voi a casa.
In ogni modo, spero ci sia più gente la prossima volta per tentare nuovamente questo esperimento. Od altro ancora, se preferite.
Vi lascio con la mia prova di ieri + la correzione della prova di ieri (più ponderata, limata e sensata).

PRIMA :
E la incrocio. È tutto così inaspettato ed io sono orribile : sono sudato, i miei capelli senza gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, in tutta la sua semplicità. Che faccio, le parlo? La sto osservando da troppo tempo, la vedo innervosita… Forse neanche si ricorda di me. faccio per avvicinarmi, anche lei fa un piccolo scatto ma probabilmente vuole picchiarmi col pesante borsone pieno di libri che ha. No, lasciamo perdere, lei non mi ha riconosciuto. Già, forse non è chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio. Giro in una via secondaria di cui non ricordo il nome. Mi fermo e m’appoggio contro il muro di una casa, tengo gli occhi chiusi per riprendermi dall’emozione. Ho fatto una cazzata, ora me ne rendo conto e come ultimo gesto disperato le corro incontro. Giro l’angolo e lei non è più a trafficare con la serratura della bicicletta. Continuo a correre, ed eccola là : la fortuna ha voluto che la catena della bici cadesse ed ora sta brontolando per via Mazzini. Per un attimo la guardo da lontano ed il mio desiderio cresce ; non posso resistere. Ormai sono dietro di lei, istintivamente le appoggio una mano sulla spalla. Lei si gira, degli occhiali da sole enormi le coprono gli occhi verdi.
« Hai bisogno di una mano? » le domando, indicando la catena della bici. Lei assume un’espressione stranita : sembra l’attrice Julianne Moore, noto. Le sto per chiedere se si ricorda di me, quel silenzio imbarazzate mi sta distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Ho sbiciclettato fin qui da Porotto e non ho un soldo. » mi dice.
« Un euro? » ripeto io, stranito.
« Se vuoi offrirmi da bere, saresti molto gentile, Marco. »
« Sai il mio nome? » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. Ora vuoi prendermi qualcosa da bere? » chiede nuovamente lei, ed io sono così felice che le offrirei un acquedotto intero.

DOPO :
Ed all’improvviso la incrocio. Così, un incontro del tutto inaspettato, ed è per questo che io non sono per niente pronto, anzi, sono davvero orribile : sono sudato, i miei capelli non sono come al solito pieni di gel e credo di non essermi nemmeno lavato i denti questa mattina. La guardo meglio e mi rendo conto che è proprio lei, davanti a me, in tutta la sua semplicità e bellezza. Che faccio, proseguo per il mio cammino o le parlo? Nonostante da pochi secondi soltanto la stia guardando, è già troppo tempo che la osservo e notò che si è innervosita… Penso che probabilmente non si ricordi nemmeno di me. Presa la decisione se proseguire o meno, faccio per avvicinarmi alla ragazza, deciso a dirle qualcosa, anche solo un saluto ; anche lei fa un piccolo movimento, uno scatto, ma probabilmente è perché vuole picchiarmi col pesante borsone nero che ha e col quale continua a rovistare. Dev’esser pieno di libri, visto che stiamo proprio di fronte alla biblioteca e mi è parso di scorgere qualche romanzo sbucare dalla borsa. No, dai, lasciamo perdere, tanto lei non m’ha riconosciuto. Anzi, forse non è nemmeno chi credevo che fosse, posso aver preso un abbaglio magari. Già.
Svolto quindi in una via secondaria che costeggia la biblioteca Ariostea di cui non ricordo il nome. Mi fermo un secondo, appoggiandomi contro un muretto pieno di muschio. Mentre osservo a terra i mozziconi di sigaretta mi viene la voglia tremenda di accendermene una tanto che tiro fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto e l’accendino. Poi socchiudo gli occhi, giusto per riprendermi dall’emozione. E proprio ad occhi ben chiusi mi rendo davvero conto della cazzata che ho fatto. Come ultimo gesto disperato, decido di andarle incontro correndo, come nei migliori (o peggiori?) film d’amore.
Giro nuovamente l’angolo per ritrovarmi davanti all’entrata della biblioteca ma lei non è più lì a trafficare con la borsa piena di libri o la serratura della bicicletta. Allora continuo a correre per tutta via Scienze, ma soltanto più avanti la incontro. La mia fortuna ha voluto che la catena della bici si rompesse ed ora la ragazza stava brontolando per via Mazzini mentre trascinava il veicolo a piedi con grande fatica. Per un po’ la guardo da lontano, sentendo il mio desiderio crescere : la voglio stringere, voglio sentire il sapore delle sue labbra, la voglio possedere e voglio che le piaccia. Non posso più resistere, ed accelero il passo finché non sono proprio dietro di lei. Istintivamente le appoggio una mano, in un gesto non troppo delicato, sulla spalla. E’ piuttosto bassa, ma questo la rende molto dolce, e fa sentire più alto anche me. Lei si gira un po’ allarmata, enormi occhiali da sole le coprono gli occhi che generalmente sono azzurri o verdi.
« Hai bisogno per caso di una mano? » le domando con disinvoltura, indicando con un dito la catena a terra. Mi sento un po’ scemo a fare il duro quando l’inconveniente da cui salvare l’amata è soltanto una bicicletta rotta. Lei assume un’espressione stranita : assomiglia all’attrice Julianne Moore, noto per la prima volta. Le sto per chiedere se si ricorda di me, perché quel silenzio che si è creato tra noi mi sta decisamente distruggendo, ma inizia a parlarmi.
« Ce l’hai un euro? Sono arrivata fin qui da Porotto in bicicletta e non ho nemmeno un soldo per rinfrescarmi un attimo. » mi dice.
« U-un euro? » ripeto io, stranito. Sì, ok, magari sto facendo la figura dell’ebete, ma lei è così strana a fare una richiesta del genere. Ed il bello è che non sembra per niente un’accattona, anzi, sembra proprio volere qualcosa d’offerto col cuore, e questo è tutto così particolare.
« Se vuoi offrirmi qualcosa da bere, Marco, saresti molto gentile… Un vero galantuomo! »
« Tu… Sai il mio nome?! » le domando io tra il confuso e lo sbalordito.
« Emh, sì. » risponde lei ; in effetti, se mi ha appena chiamato per nome, vuol dire che ne è a conosceva. Significa che si ricorda di me, che mi conosce, almeno di viso. La sua voce mi riporta alla realtà. « Ora mi prenderesti qualcosa da bere, per cortesia? » chiede nuovamente lei. Come risposta, le sorrido con gioia : sono così felice che le offrirei perfino l’intero acquedotto comunale, se potessi.


Alla prossima settimana ed un bacio.
Lucre

sabato 11 aprile 2009

Prova di srittura di martedì 7 aprile

La scalata

Era già trascorsa la mattina da che avevo iniziato a salire, e il pomeriggio era imminente, la stanchezza era alle porte della debolezza.
Scalare una montagna, anche se di difficoltà media non è facile. Avendo trovato un appiglio sicuro, e riprendevo fiato riflettendo sul da farsi. La gamba d’appoggio tremava nello sforzo: E mi venne da ridere, pensando al verso di Dante, quando s’inerpicava sulle montagne infernali, “…si che il piè fermo sempre era l’ più basso…”. Intanto mi guardavo intorno per scorgere dove era meglio aggrapparsi per salire con più sicurezza. Udivo le folate della brezza fischiare contro gli speroni di roccia, e agghiacciarmi il sudore della fronte. Non si udiva altro rumore, né altro che non fosse di solitudine e di vento. Guardai con attenzione, ciò che mi sovrastava. In un lampo mi resi conto che non mancava molto per raggiungere una piccola balconata, ove mi sarei potuto rifocillare, prima di procedere per lo sforzo finale.
Facendomi forza, ripresi la salita, ma mi accorsi che il peso dello zaino non mi avrebbe consentito di poter andare su ancora per tanto, la zavorra sulla schiena mi era oramai insopportabile.
Il respiro affannato mi opprimeva il petto fino al punto di ferirmi i polmoni, con la loro imprescindibile necessità. Facendomi violenza superai alcuni appigli, e appoggiando finalmente il gomito alla balaustrata, guadagnai l’approdo sicuro.
Vinto quel pericolo, subito una nuova ansia mi agitò, quella di essere colto dal buio, prima di aver portato a termine il mio intento. Questa nuova angoscia mi fece ragionare, vedevo la cima della vetta, ancora lontana, pensai che con quel peso alla schiena non sarei riuscito a raggiungerla prima del buio. Così presi una decisione rapida: slacciai le fibbie e i cordoni dello zaino e cominciai a liberarmi del peso superfluo.
La prima cosa che gettai nel vuoto, furono le liti in famiglia, poi mi svincolai del dispiacere della morte della nonna, scaraventai nel baratro la separazione dei miei genitori, e giù anche la lunga malattia di mia madre, e in fine mi sciolsi dell’involto più voluminoso e pesante, i mille e mille disgusti della vita, scaricai quel fardello, facendolo ruzzolare giù per il dirupo. Cercai in fondo al sacco se vi fosse rimasto qualche altra cosa da buttare, vi era rimasto solo un picco involto di tela grezza, lo svolsi per conoscerne il contenuto: erano alcuni rari momenti di felicità, di cui non ricordavo più nemmeno l’esistenza.
Richiusi lo zaino, lo buttai sulle spalle riprendendo a salire, leggero e spensierato.



Cristiano 11-04-2009

martedì 7 aprile 2009

PROVA DI SCRITTURA martedì 8 aprile 2009

PERSONAGGIO : LA DESCRIZIONE.
D'ISTINTO, PRENDETE CARTA E PENNA E BUTTATE SU FOGLIO LA DESCRIZIONE DI UN PERSONAGGIO (O PIU'). MA CHI? LA SEVERA MAESTRA DELLE ELEMENTARI, LA RAGAZZA PER CUI SI HA AVUTO LA PRIMA COTTA, UN PARENTE SCOMPARSO, UN UOMO CONOSCIUTO SUL TRENO, INSOMMA... QUALCUNO CHE CONOSCETE O CHE AVETE CONOSCIUTO ANCHE SOLO PER UN ATTIMO!
ATTENZIONE! NON UNA DESCRIZIONE SCHEMATICA COME "COLORE DEGLI OCCHI SONO AZZURRI, I CAPELLI BIONDI"... METTETELA SOTTO FORMA DI RICORDO, INFILATE LA DESCRIZIONE IN UNA STORIA... INSOMMA, APPROFITTATE DI QUESTO ESERCIZIO PER ALLENARVI NELLA SCRITTURA IN GENERALE, OLTRE CHE PER LA DESCRIZIONE DEI PERSONAGGI!


Il mio esercizio :
Patrizio sfrecciò come un fulmine proprio davanti al ristorante cinese. Non era abituato a correre, diciamo pure che non era un perfetto atleta nonostante fosse molto alto e longilineo ; respirava con affanno ogni volta che il suo piede s’appoggiava a terra per far da leva all’altro. La scorretta respirazione stava iniziando a fargli girar la testa, ma l’adrenalina lo aiutava a continuare a scappare. Sempre se c’era ancora bisogno di fuggire, questo non lo sapeva, erano diversi metri che non si voltava a controllare se la macchina nera lo seguiva ancora. I suoi amici l’avevano abbandonato già da un paio d’isolati indietro, e Patrizio decise d’impulso di dirigersi verso il loro nascondiglio, il cosiddetto “Adriana Club”. Sicuramente Marco, Gianluca e Benedetto erano là ad aspettarlo, tra le travi barcollanti del loro rifugio. Pat si arrampicò velocemente su un muretto, per poi cadere di peso nel giardino di qualcuno. Sentì il braccio bruciargli e quindi lo espose alla luce elettrica dei lampioni : un lungo taglio che partiva dal mignolo che finiva poco prima del gomito sgorgava sangue che nell’oscurità sembrava nero. Si controllò il resto del corpo : dopotutto era nudo, tranne per le scarpe ed i calzini bianchi, c’era il rischio di aver danneggiato qualcosa di più importante di uno stupido braccio. Con sollievo constatò che solo le ginocchia appuntite erano sbucciate e niente di più. Si tirò su le calze e si sistemò con un gesto della mano i lisci capelli castani mentre cercava di capire perché quel posto gli pareva così famigliare. Notò i nani da giardino, un’altalena ed un sofisticato gazebo e per un attimo sperò di non esser finito a casa di Antonio, quello che una volta era il suo migliore amico. Quando notò degli enormi insetti finti e zoccoli olandesi appesi vicino alla porta d’ingresso, si rese conto che la sua intuizione una volta tanto era giusta. Scavalcò di nuovo il muretto per andarsene il prima possibile, questa volta facendo attenzione a non tagliarsi coi vetri. Una volta ritornato in strada, decise che avrebbe lasciato perdere i suoi amici, almeno per quella sera. Sarebbe tornato a casa, si sarebbe fatto una bella doccia fredda e poi, tra le lenzuola del letto, avrebbe riso al pensiero dei suoi tre amici, ancora nudi, che lo aspettavano all’ “Adriana Club”. « Così imparano a proporre di camminare per via Bologna col pisello di fuori. » rifletté senza cattiveria. Strinse i suoi occhi tra il verde ed il grigio poi tirò un sospiro di sollievo : per fortuna quella terrorizzante macchina nera era sparita.