giovedì 1 gennaio 2015

Il conte zio

Il Conte Zio (parente di Don Rodrigo) impersona il politico di nessun talento, che ha però un'abilità nel far valere la sua autorità a forza di interiezioni, di soffi e di parole oscure. Appartiene al Consiglio segreto, all'interno del quale ha "un certo credito, ma, nel farlo valere, e nel farlo rendere con gli altri, non c' era il suo compagno. Un parlare ambiguo, un tacer significativo, un restare a mezzo, uno stringer d'occhi che esprimeva: non parlare; un lusingare senza promettere, un minacciare in cerimonia; tutto era diretto a quel fine; e tutto, o più o meno, tornava in pro". Sarà l'artefice del trasferimento di Fra Cristoforo, che si stava interessando troppo alla vicenda di Renzo e Lucia. Il Conte Zio è uno di quegli uomini che riescono a farsi una strada nella vita senz'altra virtù se non quella di riuscire a darsi importanza. Sapeva vendere il suo credito, dice Manzoni, che lo paragona a una di quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale, con scritte parole arabe e dentro le quali non c'è nulla, ma servono a mantenere il credito alla bottega. Come occorre una certa perspicacia e una certa levatura per capire che in quella scatola non c'è nulla, mentre la maggioranza crede che dietro quelle parole arabe ci sia un misterioso potere, così non è facile scoprire quello c'è veramente nella mente vuota del Conte Zio. Lo conoscono bene invece i suoi parenti più prossimi e specialmente il conte Attilio, ma gli altri si lasciano facilmente ingannare dalla sua aria piena d'importanza. Il Conte Zio dimostra di saper bene impiegare l'autorità che possiede nel ricevimento a cui invita Fra Cristoforo. I commensali sono stati tutti scelti da lui accuratamente: i più nobili per dare un'idea delle proprie aderenze ed i più umili per significare come tanta gente fosse devota e sottomessa al padrone di casa. In generale, quindi, il Conte Zio rappresenta la classe dei potenti e corrotti. Appare sempre molto risoluto e si comporta in modo serio, paternalistico e consapevole del proprio potere.

Perpetua

Perpetua è la serva di Don Abbondio. È una donna “affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l’occasione”. Viene descritta così all'inizio del romanzo: "aveva passato l'età sinodale dei 40, rimanendo nubile, per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche". Vive di luce riflessa del curato, costituendone un significativo antagonismo, sebbene non sia meno affetta del padrone da “fantasticaggini” sempre più frequenti nella sua quasi isteria di zitella. Nonostante sia una donna di popolo, presenta sprazzi di saggezza e un seppur grossolano coraggio. Non sa mantenere i segreti ed ha un animo piuttosto semplice e "rozzo". Manzoni non risparmia neanche lei dal suo umorismo. Purtroppo rimarrà vittima della peste.

mercoledì 5 marzo 2014

Lucia Mondella

Lucia Mondella è la protagonista femminile dei Promessi Sposi. Nel romanzo appare come un’immagine di femminilità cristiana: come dice il suo nome, Lucia è colei che illumina, quintessenza popolare della donna angelo, segno di bene e salvezza, ma radicato in un mondo contadino pieno di incombenze materiali, ripetitivo, appartato e pauroso verso la realtà esterna. È l’esaltazione delle virtù cristiane: la fede, la pudicizia, la mansuetudine e la capacità di persuadere attraverso la forza della bontà. L’autore ha una particolare predilezione per lei, tanto che la rende rivelatrice del senso profondo di una vicenda il cui lieto fine esiste solo nell’ambito ristretto di una famiglia devota e santificata dall’amore, mentre il mondo e la storia appaiono in tutta la loro carica irredimibile di male e di disordine, che Lucia inquadra con la semplice fermezza della sua fede. E' un personaggio statico, che mantiene una limpida coerenza in tutte le sue azioni, nonostante sia costretta ad affrontare innumerevoli prove, e ciò la porta a diventare modello di "medietas" in cui traluce la traccia di un sublime che ha nell’interiorità il suo nucleo più profondo. Aspetto esteriore ed aspetto morale vanno di pari passo, o meglio il primo non è che un veicolo per arrivare al secondo. Nessun particolare, anche minimo, è fuori posto: ciascuno aggiunge un elemento rivelatore del suo carattere. Il tratto fondamentale è quello della modestia (la sua è una “modesta bellezza”), che corrisponde al valore dell’umiltà. Si tratta tuttavia di un atteggiamento non arrendevole ma solido e ben meditato. Il carattere è inoltre riservato, ma non chiuso, come dimostra l’antitesi tra il corrugamento dei “lunghi e neri sopraccigli, mentre però la bocca si apriva in un sorriso”. Le prime parole di Lucia sono pronunciate solo nel terzo capitolo, quando Renzo narra ad Agnese delle minacce di Don Rodrigo a Don Abbondio. Lei era l’unica a sapere del bieco interesse del signorotto nei suoi confronti: ne aveva parlato solo a Padre Cristoforo in confessione, ma adesso rivela la verità anche alla madre e al fidanzato, provando a mitigare le reazioni di Renzo e mostrando la sua assennatezza. La nobile morale della ragazza si palesa in numerosi eventi: l’elemosina a fra Galdino (cap. III); il sollievo di fronte alla promessa di evitare ogni decisione avventata fatta da Renzo a Padre Cristoforo (cap. V); l’accettare la proposta del “matrimonio a sorpresa” solo per sviare l’ira di Renzo contro Don Rodrigo (cap. VIII). Lucia è la protagonista dell’Addio ai monti, in cui il narratore rivela i suoi pensieri mentre attraversa sulla barca il lago di Como per recarsi a Pescarenico: a far da padrone è la morsa del dolore provocato dalle ingiustizie, che la porta a riflettere sulla triste sorte di coloro che devono fuggire a causa della violenza altrui. Nel capitolo IX, Lucia, giunge al convento di Monza, luogo in cui la purezza della giovane viene contrapposta all’animo arido e disincantato di Gertrude: ciò è reso evidente dal rossore pudico della ragazza e da quello manifestato dalla monaca, a seguito del rimprovero del padre guardiano per la sua curiosità morbosa riguardo le vicende di Lucia. Nonostante i problemi e le difficoltà che deve affrontare, Lucia non perde mai la sua fede e si rifugia nella preghiera, arrivando anche a far voto di castità, dopo il rapimento da parte dell'Innominato.

lunedì 24 febbraio 2014

Il griso

I personaggi dei Promessi Sposi Griso, il capo dei Bravi di Don Rodrigo Il Griso è il capo dei Bravi di Don Rodrigo. Dopo aver ucciso un uomo, è scappato alla giustizia e si è messo sotto l'ala protettiva di Don Rodrigo, dal quale prende ed esegue gli ordini. Il suo personaggio serve soprattutto per rappresentare il potere di Don Rodrigo. Compare per la prima volta nel capitolo VII, quando sta organizzando il rapimento di Lucia. Viene così descritto dal narratore: "l’uomo che aveva quel soprannome, non era niente meno che il capo de’ bravi, quello a cui s’imponevano le imprese più rischiose e più inique, il fidatissimo del padrone, l’uomo tutto suo, per gratitudine e per interesse". Don Rodrigo ha piena fiducia in lui. Il Griso si fa complice di molti crimini e malefatte: viene descritto infatti per la sua natura violenta ed opportunistica. Ma nonostante la stima che Don Rodrigo ha nei suoi riguardi, il Griso non esita a tradirlo quando Don rodrigo viene contagiato dalla peste. Il Griso infatti chiama i monatti per farlo portare al lazzaretto e poi lo deruba e scappa. Ma non è abbastanza prudente: toccare i vestiti del padrone, si ammala di peste e muore prima di Don Rodrigo.

martedì 17 aprile 2012

Spirava un vento forza zero

Il limiurco salfinato, sonnecchiava accanto al zigrillo sul sofà. Le due glaste si tolleravano appena, al limurchio non piaceva quando lo zigrillo vasimava.
Sembrava che lo Zigrillo facesse per dispetto a emettere quel suono sincato, appena il limiurgo gli era a tiro.
Il più delle volte, quando succedeva il limiurco protendeva le magosce e tragrestava i trini, poi varandinava in giardino e rintinendosi sul vorto, si nascondeva trai mofridi scuri.
Un samentedì pomeriggio accadde il fatto fremitico. Lo zigrillo dopo aver vasimato si era fresilato su se stesso sui morbidi pentelli e sincava beato, sentendosi lui il girmo della fosga.
Il limiurgo fu preso da una stertile feroce, ed entrando tresentillante nella fosga, azzannò lo zigrillo alla frotra piantandogli i trini alla luta. Un rantolo appena e per lo zigrillo fu la troma.
Il negostedì successivo, i padroni di fosga, tornarono dall’uragenta di due gioni a Stiofilo, dai viseri di lei e trovarono le due glaste una accanto all’altra trome.
Fritogono e Mandrissa non capivano come le loro glaste, fossero trome. Chiamarono il misico, che diagnosticò le trome delle due glaste. Lo zigrillo aveva una peculiarità di lesita, quando veniva azzannato emetteva una tinesta trenesittica, e grefeggiava l’avversario lasciandolo tromo.
I due dopo aver vergito e tersitato, giurarono di non lisere mai più nessuna glasta.


giovedì 27 agosto 2009

tipologie dei testi

Concetti linguistici:
1. Il segno:
lingua: codice formato da segni
significato: concetto
significante: suono, rappresentazione linguistica
circuito della parola: Mittentesignificatosignificantecodicesignificantesignificatodestinatario
L’idea di un suono è legata a un concetto.
2. Langue et parole:
La langue è il patrimonio mnemonico virtuale, la competenza linguistica, la lingua come sistema.
La parole è l’atto comunicativo linguistico, è il testo, è attuale, è psicologica ed è arbitraria
Attuando la comunicazione c’è un passaggio dalla langue alla parole, ovvero dalla virtualità all’attualità, dal paradigma al
sintagma.
Il paradigma è la lista di potenzialità, di concetti che ho a disposizione. Il testo fa sempre riferimento al paradigma.
Dicendo qualcosa dico anche il resto, cioè dicendo qualcosa lo distinguo da quello che non ho detto e quindi faccio
riferimento anche a al non detto. In breve dicendo s’istituisce la distinzione detto/non detto, creo due entità non una sola.
La negazione attualizza il paradigma e non il sintagma. Il sintagma è il singolo atto di parola, appartiene alla parole.
3. Semema e sema:
Il semema è l’aggregato di significati che hanno un significante comune. Ognuno di questi significati si chiama invece
sema.
4. Strutture intermedie:
La fonetica
La semantica
La morfologia
La sintassi
5. Lo schema comunicativo:
Mittente: colui che parla
Destinatario: colui che ascolta
Messaggio: ciò che è detto
Codice: il sistema di segni
Canale: il mezzo fisico atto al passaggio del messaggio
Referente: oggetto fisico a cui il messaggio si riferisce
Le funzioni:
mittente: emotiva
destinatario: conativa, suasoria
canale: fatica
codice: metalinguistica
referente: referenziale
messaggio: poetica
In un testo le funzioni sono di solito tutte presenti, magari con una certa gerarchia. Per esempio: “Veni vidi vici”. La
funzione dominante si chiama, appunto, dominante.
Flessibilità del testo:
La linea sintagmatica è composta da due linee: quella del significante e quella del significato. Un testo è una traduzione
del senso che bisogna ritradurre per leggerlo o ascoltarlo, cioè c’è una doppia traduzione in un atto comunicativo.
1. Riduzione:
Rielaborare un testo implica dei passaggi: testo1sensotesto2
Nodi concettuali: identificazione
Filtro della cultura: registri, sottocodici culturali: uno stesso contenuto può essere filtrato in diversi modi. Per esempio
una storia d’amore può essere un testo erotico o romantico o psicologico. In una riduzione bisogna mantenere il registro
originale.
Passaggio dal senso al testo attraverso tre livelli:
1) concetto
2) ampiezza: la lunghezza di un testo è flessibile.
3) mediazione linguistica (sottocodici)
Riduzione proporzionale: tratto i diversi nodi concettuali nello stesso modo
Riduzione finalizzata: elimino alcuni nodi concettuali o intervengo sul registro
Ridduzione fisarmonica: stabilisco una gerarchia entro i nodi concettuali
2. Amplificazione:
Aggiunta di parole, non di senso.
Amplificazione retorica: ripetizione di sinonimi (lubrichi e vergognosi)
Amplificazione didattica: aggiungo spiegazioni
Amplificazione proporzionale: tratto i nodi concettuali allo stesso modo
Amplificazione selettiva: amplifico alcuni nodi concettuali più di altri
3. Denotazione, connatazione, registri:
Il paradigma contiene i diversi registri potenzialmente utilizzabili. I testi comici cambiano passano da un registro a un
altro.
Termini denotativi: puramente descrittivi
Termini connotativi: hanno un’aura psicologica o sociale.
Il paradigma sinonimico dipende dalla scelta del livello sociale.
4. Tipologia delle traduzioni:
1) Traduzione intralinguistica: passaggio da un testo a un’altro testo della stessa lingua (variare il sottocodice, sinonimi,
riduzione/amplificazione)
2) Traduzione interlinguistica: passaggio da una lingua a un’altra
3) Traduzione semiotica: passaggio tra testi non linguistici
4) Traduzione strutturata: cambio la dominante.
Tipi di sottocodice:
1) microlingue: sottocodici scientifici
2) sottocodici culturali: slang, gergo
3) sottocodici di pura sinonimia lessicale: non cambiano il registro
Testo descrittivo: sintetizza mentalmente una situazione argomentativa
Testo narrativo: presuppone le coordinate tempo/spazio
Fondamenti di metrica:
Componenti tecniche del significante: ritmo, rima, strofa, ricorsi vari.
Vocali:
vocali piene: a, e, o
semivocali: i, u
Dieresi: due vocali consecutive che valgono due sillabe. (Es. “d’o/ri/en/tal/ zaf/fi/ro”)
Sineresi: due vocali consecutive che valgono una sillaba (mai all’uscita del verso)
Dialefe: due vocali consecutive ma separate da una pausa che valgono due sillabe (Es. “ciao Andrea”)
Sinalefe: due vocali consecutive ma separate da una pausa che valgono una sillaba (non c’è in caso d’accento, ma non è
condizionata dalla punteggiatura)
Cesura:
a minore: accento sulla 4° e 10° sillaba dell’endecasillabo
a moiore: accento sulla 6° e 10° sillaba dell’endecasillabo
Emisticchio: le due parti di verso divise dalla cesura
Anafora: figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio dei versi
Anadiplosi: stessa faccenda ma la ripetizione è alla fine dei versi.
Enjambement: il verso non corrisponde alla frase.
Verso sdrucciolo: con una sillaba in più
Verso piano: con le sillabe dovute
Verso tronco: con una sillaba in meno
La memoria fonetica dura pochi secondi, quindi più le rime sono distanti più sono incisive
Rima perfetta: identità di due unità fonetiche dall’ultima sillaba accentuata alla fine (Es. pianto, tanto)
Rima francese: identità di due unità fonetiche prima della sillaba accentuata
Rima interna: una parola finale di un verso rima una parola all’interno del verso successivo
Rimalmezzo: rima interno posta alla fine del primo emisticchio
Rima ad eco: alla fine del verso e all’inizio di quello successivo
La rima può essere povera o ricca, a dipendenza del numero dei foni ripetuti:
1 fono: bontà, città
3 foni: vita, smarrita
6 foni: muscolo, crepuscolo
Ciò che determina il valore della rima è anche: a) distanza, b) precisione, c) opposizione semantica
Rime imperfette:
Assonanza: identità delle vocali di due gruppi fonetici dall’ultima vocale accentuata alla fine (gatto, carro)
Consonanza: identità delle consonanti di due gruppi fonetici dall’ultima vocale accentuata alla fine (ballo, belli)
Omoteleuto: identità di due gruppi fonetic al di là dell’ultima vocale accentuata (pasto, costo)
Anadiplosi: ripetizione di un gruppo fonetico all’inizio di una parola (tentennare, barbaro)
Onomatopea: parola il cui significante riproduce il significato o è ad esso connesso. Le parole onomatopeiche sono
spesso anadiplotiched, di qui l’ipotesi secondo cui l’onomatopea risulta essere una struttura fonica più che un
contenuto fonico.
Allitterazione: due parole consecutive o pìu che iniziano con lo stesso fono
Ricorsi interni ai gruppi fonetici:
Omotonia: ricorso di una vocale accentuata all’interno di una parola (bella festa)
Paronomasia:
Palindromo: identità di due gruppi foneticamente capovolti (roma amor)
anagramma
rima scivolata
acronimo (AIDS)
Schema dei fenomeni metrici, ovvero dei fenomeni di ricorso:
ricorso
ricorso intensivo ricorso estensivo
(ritmo) (rima)
- sillabe (numero) - perfetta
- accenti (numero e posizione) - imperfetta
Altri fenomeni di ricorso sono culturali come: la strofa, la struttura della rima e la lunghezza dei versi
Strofa:
Il sonetto: nasce nel 1200 nella scuola sicula. Composto di 14 endecasillabi (4+4+3+3) Rime: (abab abab cde cde) o
(abba abba cde edc)
Ottava ariostesca: A’’BABABCC
Complet heroïque: versi in dodecasillabo. Rime baciate.
Il proverbio:
Si può strutturare in schemi diversi, basati su coesione fonetica, ricorso semantico, metafora o nucleo sapienziale.
Nucleo sapienziale: puramente comunicativo, è un consiglio (Es. la notte porta consiglio)
Coesione fonetica: Es. Mangi la minestra o salti dalla finestra
Ricorso semantico: Es. La parola è d’argento il silenzio è d’oro
Metafora: Es. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi
Polisemia:
Interrelazione oppositiva: i significanti svolgono la loro funzione in quanto diversi uno dall’altro, quantunque esistono
delle aree di sovrapposizione ed è lì che si insinua la polisemia.
La polisemia si distribuisce su tre livelli:
1) polisemia fonetica: stà a livello di parole ed è attribuibile a un testo, non a una parola
2) polisemia semantica: riferita a una parola che ha più significati
3) polisemia strutturale: riferita all’equivocabilità della funzione dominante
Esempio di 1: “I conti non tornano” 1: se ne sono andati; 2: ho sbagliato i calcoli
Esempio di 2: “Il soprano è acuto”attivo uno solo dei significati ma non risulta chiaro quale, è inelligente o è il tono ?
La semantica differenziale:
La terza linea della comunicazione, oltre a quella sensoriale (significante) e semantica (significato), è di carattere sociale
emotivo:
esempio: “Colore rosa” nella cultura italiana è connesso (arbitrariamente) alla femminilità
Spesso più la parola è desemantizzata più è caricata di tale componente
La reazione emotiva è del destinatario
La retorica:
Può essere concepita in due modi fondamentali:
La retorica come ornamento del linguaggio. Cioè di un linguaggio dentro il linguaggio.
La retorica come cosa connaturale. È la struttura stessa della comunicazione, imprescindibile dal linguaggio.
La retorica è bipartita in due linee di pensiero:
1) Retorica logica: inventio (ciò che voglio dire=senso); dispositio (come organizzare il discorso); elocutio (le parole che
uso)
2) Retorica poetica: linguaggio come creatività, basata sull’irrazionalità.
Cicerone da alcune definizioni di retorica: 1) è l’arte di persuadere; 2) è la teoria di come usare il linguaggio; 3) è
l’organizzazione del discorso
Tropi (figure paradigmatiche):
Iterazio: comparazione (Giallo come un canarino)
Allegoria: investo il discorso di simbologia, parlo su due livelli (Nel mezzo di cammin di nostra vita...)
Catacresi: riempimento di un buco della lingua (Le gambe del tavolo), manca la parola
Antonomasia: usare un nome proprio celebre per indicare una qualità di tale personaggio (È un ercole = è forte)
Eufemismo: espressioni delicate usate per temi fastidiosi (si è spento = è morto)
con il tempo i termini riprendono la loro aggressività (cesso gabinetto bagno)
Alitote: attenuazione negando ciò che non é (è un po’ sporco, non è aquila)
Iperbole: esageerazione (l’ho detto mille volte!)
Ironia: dire il contrario di ciò che si pensa (mmm...buono)
La metafora:
Il trasferimento di una parola da una cosa a un’altra perché sembra potersi trasferire senza errore a causa dell’affinità.
Esempio:
Semema di Giovanni: biondo, alto, educato,...., coraggioso
Semema di leone: quadrupede, aggressivo,...., coraggioso
Giovanni è un leone. Il semema comune (coraggioso) si chiama tertium comparationis.
Le metafore possono essere lessicalizzate, ovvero conosciute, oppure testuali, cioè inventate.
Ci sono due forme fondamentali di metafora: la sineddoche (parte per il tutto) e la metonimia (il tutto per la parte)
La retorica sintagmatica fa riferimento alla parole e non più alla langue. È figuratica e non tropica. Tutta la metrica entra
nella figuratica.
Le figure:
La ripetizione: meidante due sinonimi (è fiero e orgoglioso)
Il paragone: similitudine ( sei forte come un leone)
L’enumeratio: serie di termini inquadrabili in una categoria (C’erano mele, arance, pesche e ciliegie)
Epanatessi: ripetizione dello stesso termine (Bisogna studiare, studiare, studiare), tono infantile
Figura etimologica: usare una parola e la sua radice (vivere la propria vita)
La definitio: usare una parola insieme alla sua definizione
Figure dell’opposto:
L’ossimoro: unione di due contrari (dolcezza amara)
L’antitesi: dire una cosa e poi negare il contrario (penso questo e non quello)
L’apostrofe: forme che chiamano in causa il destinatario (intendiamoci, signore e signori, ma senti un po’)
Interrogativa retorica: chiama in causa il destinatario, la rispoosta è già nella domanda (“ma ci credi?”)
Concessione: chiama in causa il destinatario esponendo un concetto su cui non si è d’accordo.
Forme grammaticali:
Polisinteto: ridondanza di connettivi sintattici (e questo, e quello, e...)
Asinteto: assenza di tali connettivi (Oggi arrivo. Domani parto)
Chiasma: inversione sintattica (ha occhi neri e biondi capelli)
Climax: serie di parole che seguono nel significato una scala ascendente o discendente (un anno, un mese, un giorno)
Ellissi: omissione
Prolessi: anticipazione sintattica di un entità (questo volevo dirti)
Epifonema: posticipazione sintattica di un entità (tutto ciò)
Sintesi della retorica:
Paradigmatica: sostituzione grazie al tertium comparationis
Sintagmatica: processo di allargamento del discorso
Scrivendo un testo si svolgono due processi:
1) processo paradigmatico:
scelta che il codice mi offre
dipende dalla conoscenza della lingua
scelta di sintassi, stile: registro (sociale); sinonimi, coesione fonetica, tropi (retorica)
2) processo sintagmatico:
inventio: unità psichica, ciò che abbiamo in mente
dispositio: organizzazione del testo
elocutio: codice, produco la linea sintagmatica
Intonazione:
Porta con sé molta informazione. Passando dall’oralità alla scrittura l’intonazione va persa per la maggior parte. Ci sono
pochi strumenti per tradurre l’intonazione (allungare l’ultimo fono: mangiaaaavo; la punteggiatura).
Per questo esistono verbi che descrivono l’intonazione: mormorare, balbettare, sussurrare, gridare, urlare. Esistono verbi
che posizionano il dire in un certo contesto: rispondere, aggiungere, ribadire, interrompere.
Traduzione semiotica:
Traduzione di un codice iconico in un testo linguistico.
Le icone sono classificabili per: 1) contenuto; 2) tecnica; 3) fase storica
Processo di traduzione:
codice linguistico codice iconico
senso
referenziale
emotivo
suasorio
semantica disegno
morfologia colore
sintassi composizione
uditivo e lineare vis ivo e unitario
testo immagine
Un immagine pubblicitaria è suasoria
Dall’icona si può tradurre il senso e la mediazione linguistica (descrizione dell’immagine).
Punti salienti della descrizione di un immagine:
1) Datazione
2) Composizione (elementi del quadro)
3) Origini (committente,ecc)
4) Storia dell’opera (dov’è stata esposta,ecc)
5) Le copie
6) Collocazione spaziale (dove si trova, dove è stata dipinta)
7) La luce
8) Il realismo dell’opera (quanto ci mostra la realtà)
9) Paragone (del valore, del senso)
10) Psicologia (contenuto psicologico, interpretazione unitaria)
11) La tecnica (generalmente e specificatamente)
12) Tema
13) Storicizzazione (dove si colloca nel filone culturale)
14) Elementi artificiosi (collage, elementi estranei, sovradimensione)
15) Localizzazione delle misure (9m x 4m)
16) Aggiunti (variazioni dall’originale)
17) Carattere statuario
18) Stato presente di conservazione
19) Natura morta
20) Caratteri generali del contesto
21) Colori del quadro
L’ordine di traduzione:
1) Pregresso: ciò che viene prima dell’opera e dati esterni (1,3,13,11,18,15,6)
2) Nucleo centrale (12,10,2,19,17,7,21,8,14)
3) Paragone (9)
4) Ciò che accade dopo (16,5,20,,4)